Parlare di contrabbando evoca ricordi lontani nel tempo. E farlo in Lombardia porta dritto dritto ad un luogo che simbolicamente è stato eletto a capitale dei contrabbandieri: Roncaiola, in comune di Tirano. Siamo ancora una volta in Valtellina, terra che riserva sempre sorprese. Per inquadrare il fenomeno sociale ed il contesto che ha caratterizzato l’ambiente di cui voglio raccontare questa volta devo prendere a prestito una bella descrizione di Diego Zoia, che nell’articolo “Commercio minore e contrabbando”, in “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Milano, Silvana editoriale, 1955), regala un accurato quadro storico di un fenomeno dimenticato da molti, ma ovviamente non da tutti:
“Il miglioramento progressivo delle condizioni di vita nei primi decenni di questo secolo, (parliamo del secolo scorso evidentemente n.d.r.) particolarmente apprezzabile a partire dagli anni Trenta quando si iniziarono nella zona grossi lavori legati alla realizzazione di centrali idroelettriche, ed il relativo maggior benessere che ne seguì ridussero l’intensità del fenomeno contrabbandiero nella zona, con l’esclusione delle frazioni di Roncaiola e Baruffini, dove rimase endemico ancora per diversi decenni. Una reviviscenza si ebbe comunque negli anni del secondo conflitto mondiale, per effetto soprattutto della penuria di generi alimentari che si accompagna a tutti i conflitti. Il traffico illegale di confine si rifece in quell’epoca assai intenso, in entrambe le direzioni ma soprattutto dall’Italia verso la Svizzera.”

E poi “Negli anni Cinquanta, ma soprattutto nel decennio successivo, l’attività contrabbandiera in zona subì una progressiva quanto radicale trasformazione, legata in gran parte alle disposizioni di legge, sia in materia doganale, che di altro contenuto, relative al commercio del caffè, che fecero divenire Tirano e il suo circondario un vero e proprio centro di smistamento, a livello addirittura sovraregionale, di tale merce importata di frodo. Causa prima di tale stato di cose furono gli elevati dazi doganali su tale genere, che rendevano oltremodo lucrosa l’evasione, combinati con le maglie troppo larghe delle disposizioni relative al trasporto del caffè tostato, che rendevano estremamente difficoltoso il controllo sulle evasioni dei dazi una volta che il prodotto fosse in territorio italiano.” Fatta la doverosa premessa cerchiamo di raggiungere questo luogo ubicato a monte di Tirano, sul lato orientale dello sbocco della Val Poschiavina, dove insiste un salto verticale di roccia in cima al quale, come fosse un balcone sporgente, la frazione di Roncaiola. Che domina ad oriente una zona vitata pregiata esposta al sole. Per raggiungere questo luogo si deve prendere un viale dopo il Santuario della Madonna e poi proseguire lungo la strada per Baruffini, che attraversa i classici vigneti e meleti terrazzati a secco coi caratteristici muretti valtellinesi.

Veri e propri capolavori dell’ingegno e della fatica delle genti di queste terre lontane dalle grandi città della pianura. In fondo ad un percorso ripido e stretto si arriva alla località ormai di fatto monopolizzata dall’omonimo ristorante che ha mantenuto intatto il fascino dei tempi che furono: L’Osteria Roncaiola. Gestito da Susi e Walter Polinelli, il locale offre un colpo d’occhio davvero notevole. L’edificio ha una propaggine dalla parte opposta della strada che consiste in una veranda con un salto secco di circa 800 metri sulla cittadina di Tirano. Una parete verticale in cima alla quale avrete la possibilità di ammirare tutta la vallata ai vostri piedi, grazie alle ampie vetrate del locale, spaziando fino alla vicinissima Valposchiavo, in territorio elvetico. Possiamo dire che basterebbe già così, ma in realtà qui si viene anche per molto altro. Per respirare la storia delle epiche gesta dei contrabbandieri e per mangiare in modo sublime. Ovviamente vince la tradizione su tutto ma i gestori non si sottraggono a sbilanciarsi in qualche piatto esotico (diverse le proposte di pesce di mare in carta). Però per quelli che vengono da lontano qui si arriva soprattutto per la tradizione valtellinese, per i suoi piatti a base di selvaggina, per i pizzoccheri, per le carni e i salumi della valle (bresaola e Salamini) piuttosto che per le originali scaloppine di manzo “alla Roncaiola” con olio al caffè. Di questo posto adoro “gli sciatt” e i “Chisciöl”.

I primi sono in realtà delle frittelle croccanti rotonde con all’interno un cuore di formaggio fuso, che qua vengono infilate in un bastoncino di legno (in quella che ho definito una versione da Passeggio) e solitamente servite su letto di cicoria. Il Chisciöl invece è una frittella di grano saraceno e formaggio casera sempre guarnita con una base di cicoria fresca. Il prodotto è talmente identitaria che L’osteria è spesso sede di iniziative della Confraternita del Chisciöl e dei vini del tiranese ( consesso col preciso obiettivo dichiarato di consolidare il Chisciöl e la tradizione enogastronomica locale). La carta dei vini è importante per un luogo che ama definirsi osteria. L’offerta valtellinese e’ completa ma la carta non si limita a quello. Se poi uno volesse fare una cosa veramente da “turista” può avventurarsi nella proposta autocelebrativa più irriverente che ci si possa aspettare a queste latitudini e lasciarsi suggestionare dal cosiddetto “Menu del contrabbandiere valtellinese” . Una proposta a base ovviamente di Sciatt e cicoria con salumi misti, Pizzoccheri alla valtellinese, Scaloppine di manzo “Roncaiola“ e Patate gratinate. Un colpo da maestro da parte dei proprietari che in un unica mossa celebrano la tradizione gastronomica ed eversiva di questa grande vallata lombarda. Inutile ripeterlo anche stavolta, anche se la tentazione di gridarlo dal terrazzo resta forte: Viva la Valtellina!