Si sa che adoro scrivere dei luoghi lombardi che amo. Ma la cosa che ancora più mi gratifica sono i messaggi e i commenti degli amici che seguono i miei artigianali reportage gastroculturali. Fra questi mi piace molto confrontarmi con Elisa Grazioli e proprio da un confronto con lei abbiamo deciso di scrivere di un luogo che appassiona entrambi. Quindi ci siamo divisi i compiti: a Lei la parte più evocativa e a me l’attualità di un posto che ad entrambi suscita emozioni e vorrei partire proprio da Elisa che controfirma questo originale ritratto a 4 mani.

Insieme quindi immaginiamo di tonare a cena alla storica Trattoria Bigiolla ancora oggi gestita da un personaggio originale quale è Dario Corradi. Un luogo così padano che più padano non si può. Nella golena di Borgoforte, in quello che da qualche anno è diventato comune di Borgovirgilio, esiste una trattoria aperta, quando il Po lo permette e non se la riprende. Qua si va spesso sott’acqua e gestire un locale a queste condizioni ha un che di eroico. Presentare Dario può risultare complicato e ci affidiamo ad alcune frasi contenute in una sua bellissima intervista al bravo Francesco Romani su La Gazzetta di Mantova di qualche anno fa in occasione di una delle tante piene del Po. Alla domanda del cronista incuriosito che si chiedeva cosa lo spingesse a fare la faticaccia di evacuare tutte le volte che il grande fiume faceva i capricci l’estroso Dario rispose così: “Sono io ad essere ospitato dal fiume, quindi non maledico la piena”. Racconta che quando l’acqua è salita “c’è stato qualcuno che mi ha dato una mano senza che lo chiedessi, qui si riscoprono le virtù della fratellanza. Da me veniva il pittore Ligabue e pagava con i disegni. Mio padre li usava per accendere la stufa”. Basterebbe questo per avere una chiara testimonianza del luogo e della sua essenza, ma abbiamo preferito affidarci a ricordi condivisi, soprattutto di Elisa che da queste parti e’ cresciuta e che ricorda nitidamente come per un po’ di tempo il padre di Dario avesse messo il cartello indicante “La Perla del Po”. “ in effetti l’ho sempre considerato un luogo affascinante fin da quando ero bambina. Pur non essendo lontano dal paese, quando arrivavi al Lido era come entrare in un altro mondo. Silenzio, canto degli uccelli, leggera brezza, anche quando si moriva dal caldo, lì potevi trovare ristoro dalla canicola. E poi lui, il Po. In uno dei punti più larghi del suo lungo percorso con il suo rumore e il suo costante viaggio. Per noi ragazzini il bello veniva in primavera o autunno”.

Poi Elisa continua nei ricordi della propria infanzia “Nei periodi in cui il Po usciva dal suo letto e occupava la golena per i bambini del luogo rappresentava una irresistibile attrazione. Andiamo da Dario, il Po è uscito. Partivamo con le biciclette, l’acqua aveva invaso la trattoria e la strada e noi dritti dentro le sue acque a pedalare. Era un gioco che si ripeteva ad ogni piena. Ricordo che non c’era allarmismo, gli adulti chiedevano solo di non intralciare il loro lavoro di sgombero nei locali di Dario. Si viveva quel momento non come una tragedia né un evento eccezionale, era normale, naturale che il Po invadesse il Lido e noi, sembra un’eresia detta oggi, non vedevamo l’ora arrivasse quel momento. La gente del paese si radunava per capire se e quando il livello sarebbe sceso. In quei periodi dell’anno Dario e la sua famiglia diventavano il cuore pulsante del paese il cui battito era lo scrosciare del grande fiume”. Con Elisa e altri amici torniamo ancora quando riusciamo ad organizzare. Abbiamo ricordi nitidi da queste parti che abbiamo condiviso e ogni tanto torniamo a raccontarceli tra noi e a rinverdire i fasti di tempi andati. Senza nostalgia pericolare, ma qui nel “96 c’era la postazione principale della grande marcia sul Po. Era la base della catena umana e migliaia di persone avevano affollato gli spazi del lido di Borgoforte. Alcuni reduci amano ritrovarsi qua a distanza di tanto tempo. Noi con loro.

Ma qua si viene soprattutto per magiare e bere in allegria. Nei fine settimana alla sera e’ il locale delle compagnie di amici che chiassose ed affamate occupano tanto il piccolo locale quanto la grande veranda che guarda al fiume. Porzioni generose di salumi, innaffiati da Lambrusco mantovano, introducono al pasto. Che è sempre abbondante e caratterizzato da pietanze robuste. Bigoli con le sardelle, maccheroncini al torchio con ragù, tagliatelle con il sugo d’anatra e agnoli in brodo, sono i piatti della grande tradizione della bassa Mantovana a fare capolino nel menu. Piatti semplici e gustosi ai quali seguono secondi principalmente di carne. Spalla cotta, arrosti, cotechino e altri prodotti non certo per vegani. Qua tutti sembra vogliano divertirsi. A tratti tutti urlano quasi in preda ad un’euforia che trasmette all’ambiente il proprio titolare e la vecchia consuetudine delle osterie di questo territorio. Dario infatti rappresenta la terza generazione di osti in questo locale. Il primo fu il nonno e poi il papà scomparso nel 2001. Da allora ci pensa lui a mantenere la rustica tradizione di ospitalità della famiglia. E lo fa vivendo qua sul fiume con la moglie Giuliana e i suoi quattro figli. Magari qualcuno di loro potrebbe a sua volta dare continuità a questa bella storia di Po che sempre Dario nella già citata interviste definisce in modo mirabile : “Cosa penso? Che sono io ospite del fiume. Sono in golena, a casa sua. Posso solo ringraziare se la mia trattoria è ancora lì”. Perché il fiume è potente, ma se vuole è gentile. Ha un’anima che la gente di fiume conosce bene. “Io non mi lamenterò mai delle piene. Il fiume fa quello che deve fare. Casomai quando si arrabbia ci manda degli avvertimenti che così non si può andare avanti. Che bisogna rispettare la natura, e che difendere il fiume vuol dire difendere anche noi che ci viviamo sulle rive”. E in questo sta tutta l’essenza di una vocazione da oste del Po.

Scritto a quattro mani da Gianni Fava ed Elisa Grazioli.