Abbiamo appena svoltato alla fine della parte più a nord del lago di Como. Direzione St. Moritz nei pressi della quale saremo ospiti di amici per la cena e iniziamo a salire verso le montagne attraversando il cuore della Valchiavenna.

E’ ora di pranzo e mia moglie che mi conosce bene chiede: “dove hai intenzione di portarmi per mangiare un boccone? Tu non capiti a caso a quest’ora in un posto senza sapere già dove andare”. “Oggi ti porto a mangiare in un crotto!“ rispondo con entusiasmo. “E poi a vedere il più bel palazzo del 500 di tutto l’arco alpino”. Lei con sguardo a metà fra il diffidente è il sorpreso mi risponde come avrebbe riposto qualsiasi uomo o donna di pianura: un crotto? E cos’è ? Già il crotto, una cosa unica che puoi trovare solo in queste valli di estrema Lombardia. Una grotta appunto, che in modo naturale fa capolino fra le rocce e nella quale soffia aria fresca con un venticello costante che da queste parti chiamano “Sorel” e che ha il vantaggio di mantenere sostanzialmente inalterata l temperatura e l’umidità che restano costanti in qualsiasi periodo dell’anno. Una sorta di frigorifero naturale che nei secoli è servito agli abitanti di questi villaggi a conservare cibo e a far invecchiare buon vino. Andiamo a Mese a pranzare al mitico “Crostasc”.

Crostasc

Arriviamo puntuali alle 13 e veniamo fatto accomodare nella sala principale del locale che risale al 1767,  in un trionfo di pentole di rame appese insieme a strumenti dei mestieri antichi campeggia un grande camino acceso. Abbiamo appena attraversato una saletta di legno in ingresso che da il senso della montagna anche grazie ad una bellissima stufa che domina la scena.  Qui la famiglia Prevostini da generazioni accoglie clienti e semplici viandanti sfamando tutti in modo esemplare addirittura dal 1928, quando gli intraprendenti nonni degli attuali gestori decisero di aprire al pubblico il proprio crotto. Cosa fino ad allora mai avvenuta.

I proprietari attuali sono tre fratelli. Michela che materialmente gestisce il ristorante,  Paolo e Mamete che si occupano della cantina e delle vigne. Quest’ultimo infatti ha dato vita a quello che oggi è uno dei marchi più famosi della viticoltura della vicina Valtellina. Mamete Prevostini è un personaggio importante da queste parti. Già allievo alla scuola dei grandi viticoltori valtellinesi e già presidente del consorzio dei vini di Valtellina, e’ uno dei più stimati enologi, non solo di viticoltura eroica. Appassionato di “nebbiolo di montagna” Mamete  ha dato vita in questi anni ad un vero e proprio fenomeno con esiti commerciali sorprendenti. Ma le sue radici restano qua. Nella sua Mese e nel suo crotto. Non a caso qua mantiene la sala degustazioni e la collezione delle sue annate migliori. E quindi il vino (soprattutto delle Alpi ma non solo) di fatto è l’elemento chiave per un locale che in realtà avrebbe tanto da raccontare anche da solo. Ma per il resto ci pensa Michela.

Con la bella stagione qua si può mangiare fuori seduti sui sassi o più semplicemente ad uno dei tavoli imbanditi esattamente come poteva accadere un secolo fa. Ma siamo arrivati d’inverno e confesso che per il mio gusto personale mangiare dentro in questo posto carico di storia ha un gusto del tutto particolare.

La proposta gastronomica è tutt’altro che scontata. C’è molta ricerca tanto nei piatti della tradizione quanto in quelli più contemporanei. Le materie prime straordinarie recuperate tutte in zona dai migliori produttori e rivenditori di prodotti agroalimentari.  Non possono mancare i pizzoccheri ( che però qui sono anche nella versione chiavennasca, ossia gnocchetti bianchi), o la brisaola (appunto non bresaola e rigorosamente punta d’anca di animali allevati in Valchiavenna, anche per marcare la differenza con la Valtellina a due passi da qua), il violino di capra, le insalate con erbe spontanee e profumi di campo, la selvaggina in tutti i modi e il salmerino pregiato del lago vicino. Ma qui come accennavo non mancano accenni alla modernità. Anzi. Si può trovare di tutto. Pochi piatti di pesce pregiato piuttosto che di fois gras a contaminare in modo positivo un menu fantastico. Insomma un viaggio che vale la pena fare.

Palazzo Vertemate Franchi

E che vale la pena proseguire restando in zona.  Subito dopo pranzo si parte. A pochi chilometri da lì, a Piuro per la precisione, c’è una delle più belle dimore del ‘500 lombardo:
Palazzo Vertemate Franchi. Un luogo di suggestione assoluta ai piedi delle montagne che dividono il territorio lombardo da quello svizzero. Un posto dove vale la pena trascorrere qualche ora e nutrirsi di bellezza. Peraltro nel giardino a ridosso delle mura che fronteggiano il palazzo c’è una vigna. Una vigna antichissima di Traminer aromatico e riesling, dalle quali uve bianche viene prodotto un ottimo passito denominato appunto “ Vertemate passito”. E sapete chi lo produce: Mamete Prevostini, ovviamente. In questo pezzo di valle si trovano tracce di questa famiglia ovunque. La giornata sta finendo e una cena con amici ci aspetta in un altro luogo incredibile. Partiamo alla volta di St. Moritz dove ceneremo e alloggeremo in alta Engandina a quasi 2500 metri nel rifugio Muottas Muragl.

La serata è dedicata ad una grande cantina Lombarda. Della Franciacorta stavolta. Il giorno successivo ho fatto in modo di partire nella seconda parte sella mattinata. Ho calcolato bene tutto. Alle 13 più o meno eravamo a Chiavenna e provate a immaginare dove abbiano scelto di fermarci a pranzo. La proposta del giorno prima aveva decisamente convinto mia moglie. Il Crotto se lo conosci non lo eviti!