Il Duomo di Milano, ufficialmente riconosciuto come Basilica Cattedrale Metropolitana della Natività della Beata Vergine Maria e definito Dòmm de Milan (ˈdɔm de miˈlã) in dialetto milanese, è la cattedrale dell’arcidiocesi di Milano. Potemmo definirlo il simbolo del capoluogo lombardo ed è situato nell’omonima piazza al centro della metropoli, dedicata a Santa Maria Nascente.

Il nostro Dòmm è la chiesa più grande d’Italia (se consideriamo che la Basilica di San Pietro è posta nel territorio della Città del Vaticano), la quarta nel mondo per superficie e la sesta per volume.

Nel luogo in cui sorge il Duomo un tempo si trovavano l’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile, l’arcivescovo Antonio de’ Saluzzi, sostenuto dalla popolazione, promosse la ricostruzione di una nuova e più grande cattedrale che si voleva sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città: era il 12 maggio del 1386.

Per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti. La nuova chiesa, sulla base dei resti archeologici emersi dagli scavi nella sacrestia, doveva prevedere originariamente un edificio in mattoni predisposto secondo le tecniche del gotico lombardo.

Fu Gian Galeazzo Visconti a decidere di sostituire il mattone, con il marmo: il materiale scelto per la nuova costruzione divenne precisamente il marmo di Candoglia e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema, con l’obiettivo di dare alla città il vanto di un grandioso edificio al passo con le più aggiornate tendenze europee. Nel gennaio 1387 si gettarono le fondazioni dei piloni ed il Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori.

Ma come arrivò esattamente questo marmo nel cuore di Milano? Proprio a monte della frazione di Candoglia, nel comune di Mergozzo, a lato del fiume Toce e all’imboccatura della Val d’Ossola, in Piemonte, si trovano le sorgenti vive del Duomo di Milano, da cui proviene il marmo che compone la Cattedrale.

La difficoltà non fu infatti trovare una cava, ma individuare quelle che fossero strategicamente ideali per il trasporto del marmo. A questo scopo, il 24 ottobre 1387, il Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti cedette in uso alla Veneranda Fabbrica la Cava di Candoglia e concesse il trasporto gratuito dei marmi fino a Milano, attraverso le vie d’acqua.

La via del marmo di Milano si sviluppava per ben 100 km compiendo un dislivello di 34 metri. Il trasporto del materiale fino a Milano avveniva pertanto dal Toce al Lago Maggiore, lungo il Ticino e il Naviglio Grande per poi entrare in fino alla darsena di Sant’Eustorgio; attraverso il sistema di chiuse, realizzato dalla Fabbrica, arrivava infine al Laghetto (oggi Via Laghetto), a poche centinaia di metri dal cantiere della Cattedrale, nel cuore della città.

Una legge del 1927, in seguito confermata da una legge regionale piemontese, rinnova il diritto esclusivo dell’ente della Fabbrica del Duomo ad utilizzare i marmi di Candoglia.

Anche dopo la chiusura del Laghetto, il trasporto dei blocchi rimase via acqua fino al 1920, per poi passare su strada. I blocchi transitavano così per i paesi di Boffalora, Ponte Vecchio di Magenta, Robecco ed Abbiategrasso.

Grazie alla grande intuizione del Duca, l’estrazione del marmo dalle cave di Candoglia era certamente complessa e costosa ma diventava così economicamente conveniente, da un lato, per il risparmio sui costi consentiti dal trasporto fluviale lungo il lago Maggiore, il Ticino e i Navigli milanesi, dall’altro per l’assenza di dazi: altra concessione di Gian Galeazzo Visconti sul marmo usato dalla fabbrica. Il Duca, infatti, concedendo alla neonata Fabbriceria l’uso gratuito

e l’esonero del trasporto senza balzelli daziari dei materiali fino al cantiere milanese permetteva un agile e veloce trasporto del materiale e le imbarcazioni che trasportavano il marmo per la fabbrica, in quanto esenti da pedaggi, erano contraddistinte dalla scritta ad Usum Fabricae Operis, da cui deriva l’espressione “ad ufo” come sinonimo di gratis.

Il marmo di Candoglia, con la sua bellezza cristallina rosata e la grande resistenza dovuta alle sue stesse eccezionali caratteristiche, ha portato un contributo di straordinario valore alla realizzazione del Monumento e la Veneranda Fabbrica, che ancora oggi affronta la grande impresa di conservazione del Monumento, curando la manutenzione della Cava e la memoria della via del Marmo.