“La Valle Camonica, con le sue migliaia di incisioni rupestri, restituisce all’Europa 10.000 anni di storia. E quale storia! Un meraviglioso racconto a fumetti, impresso sulla roccia dai diretti protagonisti, dagli artisti …” (Emmanuel Anati).

La Valle Camonica è nota in tutto il mondo per la straordinaria ricchezza e varietà di incisioni rupestri, inserita nel 1979, quale primo sito italiano, nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Essa rappresenta un luogo di fascino e suggestione davvero unico, in cui l’Uomo e l’ambiente hanno interagito fin dalla Preistoria, caratterizzandola come “La Valle dei Segni”.

Il patrimonio del sito UNESCO n.94 “Arte Rupestre della Valle Camonica” è distribuito lungo l’intera Valle, con oltre 180 località sparse su 24 comuni e attraversa più di 12 mila anni di storia; Essa riveste un’importanza fondamentale non solo per la quantità di soggetti incisi e per l’evoluzione cronologica, ma anche per lo stretto legame che le incisioni hanno con la storia dell’Uomo.

Scoprire e conoscere l’arte rupestre camuna permette di compiere un viaggio unico e indimenticabile nella preistoria e protostoria europea per giungere, attraverso le incisioni di età storica (romana, medievale e moderna), sino alle soglie del XX secolo.

Allo stesso tempo, la Val Camonica, una delle valli alpine più estese d’Italia, custodisce una ricchissima tradizione casearia che racconta le diversità tra le comunità montane della zona, accomunate sin dall’antichità da una necessità: quella di poter conservare il latte e le sue proprietà nutritive a lungo nel tempo.

Tipico della bassa Val Camonica, il Silter prende il nome dal termine celtico con cui si indicava il locale della malga ove viene posto a stagionare. Realizzato esclusivamente a partire da latte di vacca di razza Bruno – Alpina, questo DOP è un formaggio dolce, leggermente più sapido a bassa stagionatura. Sono moltissimi i piccoli produttori locali che lo producono ancora secondo tradizione: il latte crudo di due munte, delle quali quella serale scremata per affioramento, viene riscaldato alla temperatura di 36-38° e inoculato con sieroinnesto. La coagulazione, presamica, si effettua con caglio di vitello; la cagliata viene rotta alle dimensioni di un chicco di riso e riscaldata a 45-46°; quindi una sosta sotto siero, seguita dall’estrazione e dal posizionamento della pasta in fascere per la pressatura. La salatura è a secco o in salamoia. Il periodo di stagionatura prevede almeno 6 mesi di maturazione. La   crosta è dura, liscia, di colore paglierino, tendente al marrone con la stagionatura. La pasta è dura, di colore paglierino o giallo, talvolta anche scuro con la stagionatura. L’occhiatura è di dimensione fine, regolarmente distribuita.

Formaggio da tavola e da grattugia, si abbina a vini come il Capriano del Colle Rosso, il Franciacorta Rosso e il Montepulciano d’Abruzzo.

Per assaggiare il sapore di una storia molto antica, possiamo gustare la Rosa Camuna, che deve il suo nome proprio ad un’antica incisione rupestre simbolo della Val Camonica e della Regione Lombardia. “Incisero i Camuni, sulle profumate pietre della valle, un fiore che oggi è anche simbolo della Regione Lombardia. Quel fiore si fa prelibato formaggio, dolce e muschiato, unico come i pascoli ed i monti da cui nasce, generoso come la sua gente. Un formaggio esclusivo nella forma e nella sostanza. Ideale per spizzicare in ogni momento.”

La Rosa Camuna è un formaggio da tavola dalla caratteristica forma a petalo di rosa. Prodotta con il latte parzialmente scremato dei pascoli della Valle Camonica, presenta pasta morbida e compatta, di colore bianco avorio, dall’occhiatura minuta ed equamente distribuita, con crosta leggerissima tendente a lieve fioritura; dopo un mese di stagionatura offre un gusto profumato di essenze montane. Della Rosa Camuna esiste anche la produzione biologica che, oltre a conservare le tipiche

caratteristiche di sapore, forma e lavorazione tradizionali, è ricavata da latte proveniente esclusivamente da allevamenti selezionati e controllati nei quali si alimentano le bovine con prodotti naturali (acqua, erba non trattata, fieno).

Il suo sapore è delicato e adatto a qualsiasi pasto, con note dolci e muschiate che ricordano gli alpeggi da cui prende forma.

L’esplorazione dei sapori della Valle non può non condurci al Fatulì, presidio Slow Food della Val Saviore, un piccolo tesoro gastronomico custodito da 7 produttori. Il fatulì, che in dialetto significa “piccolo pezzo”, è un caprino molto particolare e raro, realizzato ancora oggi da alcuni casari con il latte crudo proveniente da una razza originaria di queste zone, la capra bionda dell’Adamello. La

produzione di Fatulì tradizionale è strettamente legata all’utilizzo del latte di capra bionda e prevede che questo venga lavorato una volta al giorno. Dopo la mungitura viene riscaldato ad una temperatura di circa 34°C-37°C; successivamente si aggiunge il caglio. Dopo un breve riposo di circa 40 minuti, la cagliata che si è formata viene progressivamente e manualmente rotta con il caratteristico attrezzo, lo spino, fino a raggiungere le dimensione di un grano di mais, quindi viene riscaldato nuovamente e rimescolato per qualche minuto. Terminata la cottura, la massa è sollevata e posta nelle fascere per permettere al siero di sgrondare e poter così procedere alla successiva fase della salatura. Le fascere hanno diametro di 10-14 centimetri e l’altezza delle forme è circa 4-6

centimetri con un peso complessivo che può variare dai 300 ai 500 grammi. Alcune fonti tramandate in modo orale poi, riportano come la motivazione originaria per le ridotte dimensioni di questo formaggio, fosse da attribuire all’abitudine degli allevatori di usare come fascera i piatti fondi utilizzati per le minestre. Una volta effettuata la salatura il fatulì è pronto per essere affumicato, tradizionalmente bruciando rami e bacche di ginepro e con tempi e modalità che possono variare più o meno leggermente da produttore a produttore; quindi si può procedere con la stagionatura che si protrae di solito per un periodo variabile da 1 a 6 mesi.

La forma tipica è cilindrica con le facce piane, la crosta risulta più o meno scura a seconda dell’affumicatura e presenta i caratteristici solchi lasciati dalla grata sulla quale il formaggio viene

depositato in questa fase. La pasta, dalla consistenza elastica, si presenta poi di un bel colore che varia dal giallo paglierino al giallo intenso e generalmente risulta essere compatta o caratterizzata da una piccola occhiatura; i profumi sono intensi e netti, dalle evidenti note affumicate ma anche da sentori erbacei e di frutta secca; lungo ed assolutamente corrispondente il gusto rilasciato.

Ci sono tuttavia formaggi capaci di svelare una duplice identità: l’Adamello dolce, formaggio dal sapore delicato, che si fa più intenso con l’avanzare della stagionatura. Quando la maturazione è breve, circa 30 giorni, emergono chiaramente profumi di fiori e di erbe di montagna, mentre con l’aumentare della stagionatura si arricchisce della fragranza di bosco. Il segreto è far lavorare il tempo e la natura, senza avere fretta, ma aspettando la giusta maturazione. A prevalere, quando il prodotto è fresco, è il profumo dei fiori e delle erbe di montagna; per poi far affiorare tutta la fragranza del bosco, se si ha la pazienza di aspettare la stagionatura migliore per ottanta giorni.

Gli intenditori dicono che l’Adamello dolce dia il meglio di sé se consumato giovane, in particolare quando viene cucinato sulla piastra.

L’attenzione si rivolge ora al piccolo Comune di Corteno Golgi, dove viene prodotta la Casatta, una formaggella a lunga stagionatura e dal sapore deciso; un formaggio da meditazione, deciso ma mai aggressivo, la cui tradizione viene conservata da una decina di produttori in zona.

La Casatta di Corteno Golgi prende il nome dal suo comune d’origine, nell’alta provincia di Brescia. Si tratta di un alimento a metà tra una formaggella e un classico formaggio; un tempo infatti veniva prodotta con le ridotte quantità di latte che non erano sufficienti a realizzare un formaggio. Per la sua produzione si utilizza solo latte bovino di razza Bruna Alpina scremato al 50% e proveniente da 2-3 mungiture; dopo averlo portato alla temperatura di 36°, al latte viene aggiunto il caglio e lasciato coagulare per circa mezz’ora; si passa poi alla rottura della cagliata e alla sua estrazione nelle apposite fascere. Dopo 24 ore avviene la salatura a secco sulla prima faccia e dopo 48 ore anche sulla seconda. Segue infine la stagionatura di circa 2-5 mesi, più prolungata rispetto a quella delle normali formaggelle di dimensioni minori, che conferisce al prodotto un sapore più deciso. Una volta pronta, la Casatta di Corteno Golgi si presenta con crosta di colore giallo e pasta di colore paglierino con una leggera occhiatura diffusa. A seconda della quantità di latte usato, il peso di una forma varia dai 3 ai 4 kg; il diametro medio è di circa 30 cm con scalzo di circa 8-10 cm. Il sapore dolce e leggermente acidulo rendono la Casatta un ottimo formaggio da tavola o da sciogliere sulla polenta alla brace come vuole la sua tradizione.

Il Casolet invece è un formaggio che si distingue per la curiosa forma triangolare, dovuta ai tempi antichi in cui si doveva facilitare il trasporto di questo prodotto. In quei tempi il Casolet si produceva in autunno, quando le mandrie erano scese dagli alpeggi e le mungiture erano ormai scarse; si trattava dunque di un formaggio casalingo, di uso familiare, consumato prevalentemente nei mesi invernali.

Il Casolet viene prodotto in quasi tutta la Valcamonica con latte vaccino scremato, anche se a volte vi si aggiunge il latte di capra. Il latte viene portato a 30-40°, poi si aggiunge caglio di vitello; la coagulazione richiede una mezz’ora, poi la cagliata viene divisa in zolle e la temperatura elevata a circa 50°, quindi viene lasciata riposare. Tagliato in forme triangolari di circa 2kg l’una, il Casolet viene salato in salamoia per circa 10 ore e lasciato stagionare per 1 o 2 mesi. Ne risulta una pasta semidura, provvista di colture di batteri lattici selezionati, dalla crosta rugosa e sottile, di colore paglierino e tendente a fioritura. La pasta, di colore bianco crema, ha un sapore delicato che si presta ad accompagnare la fine del pasto, ma viene anche utilizzato nella preparazione di primi piatti o in accostamento a frutta secca. Il Casolet sprigiona al gusto sentori lattei ed erbacei, regalando al palato grande morbidezza ed esplorando una gamma di sapori che transita velocemente dal dolce all’acido; la maggiore stagionatura ne accresce la complessità enfatizzandone le sfumature vegetali: se consumato solo, se ne consiglia l’abbinamento con un bianco strutturato o un rosso giovane come un Groppello Cà Maiol.