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Alba nei pressi di Vescovato © Donato Novellini

Dov’eravamo rimasti?

Autunno inoltrato, alle porte di Novembre nebbie, grigiore e pioggia trasformano ulteriormente il paesaggio padano rendendo la campagna umida e fangosa, sfumata ed eterea. A quest’ora i saggi avranno già provveduto a sistemare in legnaia i ciocchi, mentre dall’armadio sbuca fuori a sorpresa il tabarro: confraternite locali usano infatti avvolgersi ancora nel caratteristico panno, orgoglio contadino ed eleganza d’altri tempi, ben altra cosa rispetto ai piumini sintetici ereditati dagli anni’80! Avvolti così nel tabarro e muniti di tabacco per la pipa partiamo dunque, in direzione Canneto sull’Oglio.

Il paese, non privo di un certo fascino decadente dovuto alla chiusura delle fabbriche di bambole e giocattoli, conserva eccellenze tutte da scoprire. Luogo adagiato sull’argine del fiume Oglio e caratterizzato da una storica tradizione vivaistica, Canneto nasconde assai bene i suoi segreti; oltre alla torre che troneggia sulla piazza principale ed il meraviglioso teatro-bomboniera Mauro Pagano, il centro riserva scoperte interessanti, a partire dalla chiesa di Santa Croce, o dei morti, eccentrico esempio di devozione popolare saturo com’è di ex voto: un po’ lugubre e misterioso e proprio per questo decisamente suggestivo. Tracce del passato, celtico, longobardo e poi monacale – siamo sempre nella zona d’influenza delle abbazie di Brescia e Leno – si mescolano ad una vocazione tecnica, quella del controllo delle acque, dei mulini (qui lavorò il padre di Albert Einstein!) e delle prime industrie. Proprio in una ex fabbrica ha trovato sede adeguata la Galleria d’Arte Bonelli, una delle più importanti d’Italia. All’interno di imponenti spazi bianchi l’arte contemporanea primeggia, mentre dalle ampie finestre si scorge il canale Naviglio, l’antico “motore” del paese.

Purtroppo ha cessato l’attività di ristoratore il mitico Dino – presso La Torre degustammo eccellenti lumache, mentre nelle cantine con volti in pietra scovammo bottiglie assai preziose – e l’altra eccellenza nazionale, ovvero Dal Pescatore della famiglia Santini, risulta per ora fuori budget. Prendiamo comunque la strada per Runate, piccola frazione di Canneto, rallentando proprio in prossimità del ristorante pluristellato: possiamo notare attraverso i vetri la brigata di cucina al lavoro, scorgiamo la bianca chioma della chef Nadia Santini, intenta a rendere raffinato anche l’ingrediente più semplice, quindi passiamo oltre. Ci torneremo, se mai accadrà, quando sarà alla nostra portata pranzarvi.

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Osteria La Crepa – Isola Dovarese © Donato Novellini

Dopo le Runate deviamo per Carzeghetto, minuscolo borgo prospiciente l’argine del fiume Oglio. Qui, in una cornice degna dell’albero degli zoccoli, i vecchi sostano su panche in legno osservando il lento scorrere delle acque, mentre la chiesa di San Michele Arcangelo sovrasta le casupole contadine, alcune delle quali ben restaurate. Ma abbiamo fame, sicché si riparte in direzione di Isola Dovarese, già in provincia di Cremona ma con un passato tutto gonzaghesco. Centro famoso per il palio rievocativo – uno dei più filologici e coinvolgenti del nord Italia – e per la meravigliosa piazza Matteotti, resterà tuttavia sempre nei nostri cuori per ben altri motivi, certo più prosaici. Qui infatti si trova La Crepa, luogo mistico della vera cucina tipica di qualità. La tradizione enogastronomica portata avanti dai fratelli Malinverno fonde con grande sapienza suggestioni fluviali (storione, luccio, persico) con il meglio della bassa padana (salumi, marubini – guai a dire agnoli qui! – oca e faraona). Ma saziarsi alla Crepa è anche un’esperienza storica ed estetica. Situata nel palazzo di guardia proprio sulla piazza centrale, la trattoria conserva vestigia risorgimentali e Art-Noveau, tutto il fascino e l’atmosfera ottocentesca racchiusi in salette come quella detta del Senato, davvero intima e suggestiva.

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Oratorio di Torricella – Ostiano © Donato Novellini

Da Isola il tragitto prosegue, tenendo sempre il fiume Oglio come guida. Passato Volongo ci imbattiamo in un piccolo oratorio campestre che sorge in posizione decentrata; è la costruzione più antica di Ostiano, eretta fra il XII e il XIII secolo. Sulla facciata, quasi illeggibili, sono rimaste tracce di una grande immagine di San Cristoforo, il protettore dei viandanti, a ricordare come in questo luogo si trovasse un importante guado sul fiume Oglio. Il centro storico di Ostiano, con la splendida rocca gonzaghesca, è arricchito dalla due edifici oggi purtroppo decisamente malridotti. Si tratta dell’ex sinagoga, incorporata nel cortile interno del castello e della Pieve di San Gaudenzio.

Pieve di S. Gaudenzio - Ostiano © Donato Novellini

Pieve di S. Gaudenzio – Ostiano © Donato Novellini

Della prima – testimonianza, assieme al piccolo cimitero, delle presenza ebraica in loco – ben poco è ammirabile, ma al bar del paese c’informano che sarà presto soggetta a restauro. Della pieve, invece, voluta da Vespasiano Gonzaga nel 1581 e chiusa dal 1810, si può ammirare ancora l’elegante portico d’ingresso, caratterizzato all’interno dall’apposizione di antiche lapidi. Fino al periodo napoleonico, era questa la sede di sepoltura dei frati, mentre ora il rischio è quello che l’abbandono e l’incuria ne compromettano la tenuta strutturale.

Pieve di S. Gaudenzio - Ostiano  © Donato Novellini

Pieve di S. Gaudenzio – Ostiano © Donato Novellini

Dopo la nobile ma decaduta Ostiano, il buio precoce dell’ora solare c’impone un ripiego. Giusto il tempo di ammirare il castello trecentesco di Scandolara Ripa d’Oglio, quadrangolare e circondato da un fossato (pieno! Anche se non abbiamo notato coccodrilli), rimane un esempio perfetto di fortilizio divenuto poi residenza rurale. Il luogo ha indubbiamente il suo fascino campestre, ma cala la nebbia ed urge un rifugio per cena: qui non è zona per aperitivi, invano cercheremmo un Gin-tonic o un Negroni sopra la sufficienza in siffatte lande agresti. Decidiamo quindi di concludere questa seconda tappa alla trattoria La Resca, affacciandoci sulla statale Mantova – Cremona, nei pressi di Vescovato, chiedendo perciò deroga alla convenzione che ci vede battere solo strade basse. Ma questa si chiama voglia di bollito! E alla Resca, oltre ai classici marubini in brodo, il bollito si declina in imperativo categorico. Notte fredda là fuori, nulla di meglio che fare della carboneria avversa all’ONU e alle paranoie anti-carne dell’Oms in questo luogo. Con un bicchiere di lambrusco e la salsa verde, sai che goduria mangiare testina di vitello, lingua salmistrata, lingua al naturale, cotechino, salame da pentola, ripieno, gallina, cappello del prete, guanciale di manzo, coppa e lonza di maiale, arrosto di vitello e spalla cotta?

Rocca gonzaghesca e sinagoga - Ostiano © Donato Novellini
Rocca gonzaghesca e sinagoga – Ostiano © Donato Novellini