Se tra i freddi fiordi del Nord Europa, l’incontrastata regina della cucina ittica è l’aringa, tra i poetici rami del lago di Como è assoluto protagonista l’agone, il pesce alla base di uno dei piatti “laghee” più sfiziosi: i missoltini.

Considerato il cugino d’acqua dolce proprio dell’aringa (una leggenda lo vorrebbe anche come una sardina rimasta bloccata nelle acque lacustri dopo un’immensa ondata di marea), l’agone viene pescato nel lombardo Lario nei mesi di maggio e giugno, con diverse tecniche di esecuzione regolamentate fin dall’epoca medioevale.

Per diventare missoltino, l’agone pescato deve subire una complessa lavorazione “craft”, effettuata solitamente dagli stessi pescatori lariani: in primis, i pesci vengono privati delle interiora (la cosiddetta “curada”), strofinati con del sale e dopo aver subito un taglio dorsale, deposti in una marmitta (dove vengono ribaltati e risalati ogni 12 ore).

Dopo due giorni, è il turno della fase di essiccazione: gli agoni vengono risciacquati, infilzati con uno spago ed esposti all’aria aperta su delle particolari rastrelliere. Dopo ancora qualche giorno, vengono disposti in un recipiente di latta insieme a foglie di alloro e “incoperchiati” con un disco di legno (necessario affinché venga esercitata una leggera ma continua pressione su di essi).

Ultimata la fase di pressatura, arriva il tanto agognato consumo: i “missoltitt” vengono grigliati per pochi minuti su una piastra (lasciata leggermente inclinata affinché non friggano nel loro olio), privati della pelle e serviti sul piatto di portata, cosparsi con aceto/olio e accompagnate generalmente da fette di polenta grigliate.

Piccole curiosità: gli agoni più pregiati vengono considerate le femmine pescate durante il mese mariano mentre la “curada” (fritta con cipolla) risulta a sua volta la base di un altro tipico piatto, il “turtin”. Ma questa, è un’altra storia.