Stavolta il nostro viaggio nella grande tradizione gastronomica lombarda fa tappa a Milano. Non preoccupatevi, non sono ancora del tutto impazzito. Non ho intenzione di raccontare di locali alla moda o di sfarzosi ristoranti etnici, bensì di a una autentica trattoria di campagna. Ebbene si siamo in campagna e contestualmente in comune di Milano. Quello che ai più potrebbe apparire come un ossimoro in realtà trova la propria concreta realizzazione in un’area agricola a sud del capoluogo lombardo, in un un contesto assolutamente rurale.

Anche se nessuno lo sa MILANO è il primo comune agricolo di tutta la Lombardia, sia per superficie agricola che per numero di aziende. Siete sorpresi? Immagino di sì, ma non preoccupatevi, non lo sanno nemmeno i milanesi. Intanto io Partirei nel mio viaggio ideale con una opportuna visita in tarda mattinata alla incredibile Abbazia di Chiaravalle. Uno splendido complesso monastico cistercense situato nel Parco agricolo Sud Milano, tra il quartiere Vigentino e il quartiere Rogoredo. Famosa per il turismo religioso (e anche un po’ mistico) l’abbazia resta un luogo
Di preghiera che ancora oggi ospita una comunità di monaci, che frequentano e mantengono questo enorme spazio di storia e cultura.

Intorno un piccolo borgo e una campagna che parrebbe sconfinata e che ahimè incontra la triste realtà della città proprio a ridosso della nuova stazione ferroviaria di Rogoredo, che ospita una moderna infrastruttura dedicata all’alta velocità e a sud confina col tristemente noto “bosco della droga”. Uno spazio più volta salito alla ribalta delle cronache del degrado cittadino per il grande numero di disperati che lo popola a quasi tutte le ore del giorno. E in questo contesto di grandi contrasti urbani, quasi dal nulla in fregio alla strada che collega appunto l’abbazia alla stazione, spunta un luogo assolutamente originale. Una trattoria che dalla fine dell’Ottocento ad oggi, e’ gestita dalla stessa famiglia senza soluzioni di continuità.

E soprattutto senza venire meno alla propria vocazione: la grande tradizione milanese. Siamo alla ”trattoria al laghett”, dove la quinta generazione della famiglia Gerosa continua a ricevere gli ospiti in questo luogo senza tempo, sia all’interno che all’esterno. La prima volta che sono capitato da queste parti era primavera avanzata e un grande glicine profumato avvolgeva il bersó nella parte prospiciente l’ingresso del locale.

E’ stata un’esperienza incredibile. Non che l’interno vecchio stile non abbia il suo fascino, ma il dehor esterno raggiunge quasi l’apice della perfezione. E così guardando la campagna e i boschi in lontananza, ci si imbatte in una cucina solida, senza fronzoli che lascia un buon ricordo di questo luogo. La tradizione vince su tutto in ossequio al contesto ambientale che sembra uscito da una sceneggiatura di una pellicola neorealista del secolo scorso. Si Parte ovviamente con salumi e mondeghini (o mondeghili che dir si voglia. Le famose polpettine meneghine).

E poi i grandi classici dei primi piatti: risotto alla milanese con ossobuco in gremolada, o con la Luganega e in stagione, con le ortiche. Immancabile la versione del giorno dopo del “riso al salto”. I Ravioli ripieni a seconda della stagione, le lasagne, gli gnocchi di patate al brasato e soprattutto una sontuosa zuppa di cipolle. Ovvia conseguenza dei primi piatti, sono i secondi che a partire dalla tradizionale “caseola” e da un misto di bollito con le salse, passano alle carni bianche con il pollo alla diavola, o la trippa di foiolo, fino alla estrema “rustisciada”. Per me il piatto irrinunciabile resta una scenografica cotoletta alla milanese, alta e fritta a lungo nel burro, come Dio comanda.

Una buona selezione di vini Lombardi e non solo vi accompagnerà nel viaggio gastronomico. Fra i quali segnalo (a dimostrazione della coerenza del locale) alcuni dei rossi della collina di San Colombano, gli unici vini a potersi fregiare di essere milanesi. Alla faccia di chi sostiene che la cucina milanese sia morta! Qui è viva e vegeta e spero possa restarlo a lungo. La giornata milanese alternativa si potrebbe chiudere qui, tirando tardi con un dolce secco e un vino dolce, sotto il glicine fiorito. Una Milano diversa da quella che appare nella sagoma sullo sfondo all’orizzonte. La Milano che resiste al passare del tempo.