Luadel Mantovano

Facile fare dell’apologia culinaria, basandosi sulla forza dei grandi numeri: Grana Padano, paste ripiene, Torrone, Mostarda, insaccati e formaggi. La Lombardia, luogo di eccellenze esportate in tutto il mondo, è però anche patria di micro produzioni, strettamente connesse ad un singolo paese, talvolta pure ad un minuscolo luogo specifico, dai più ignorato. Valga come esempio il Luadel di Pomponesco, specificità inesistente altrove, alimento da forno dalle antiche origini, segnatamente ultra-locali. Per comprenderne appieno il valore, sarà il caso di mettere in conto tragitti appositi, deviazioni alternative alle consuete traiettorie turistiche o lavorative, in questo caso solitamente incardinate sull’asse Mantova-Sabbioneta, o in alternativa Viadana-Casalmaggiore. Pomponesco, meno di duemila abitanti, è il classico comune gonzaghesco adiacente all’argine del fiume Po, ma con qualcosa di metafisico e speciale, rispetto ad agglomerati dalle medesime caratteristiche. Per giungere al paese, infatti, occorre deviare dalla trafficata viabilità, procedendo in direzione del grande fiume. A Pomponesco non si capita infatti per caso, occorre la volontà di giungervi, oppure la fortuna di sbagliare strada.

Oltre alla merapomponescovigliosa piazza – perfetta scenografia teatrale rinascimentale, con tanto di chiesa incorporata nel disegno dei portici, progettata in favore di acque dolci che scorrono poco più in là oltre all’argine, oltre ad una scalinata che ne rappresenta il prologo – Pomponesco riserva anche sorprese meno immediate. Ad esempio fu luogo che ospitò un’importante zecca. Battendo quindi moneta secondo i dettami signorili, connessi alle autonomie locali – queste ultime talvolta spartite dalla progenie gonzaghesca con spirito di rivalsa nei confronti del capoluogo – il paese visse periodi di grande floridità, giungendo a fregiarsi del titolo di “città ideale” al pari di Sabbioneta. Qui, tra il ‘700 e l’800, trovò sede anche una nutrita comunità ebraica, della quale restano testimonianze ad oggi poco riconoscibili: Sinagoga e cimitero israelitico, infatti, restano luoghi suggestivi ma difficili da visitare a causa di mutamenti storici e logistici. Scomparso anche il castello a pianta esagonale, un tempo dimora del principe, del quale resta oggi solo il tracciato urbanistico circostante.

pomponesco 2Pomponesco è anche luogo di misteri e di leggende, come quella documentata di Silvan sulla luna, sorta di bizzarro folletto locale. Come sostengono i curatori di Presente Remoto, a proposito del libro di Roberto Roda intitolato Pomponesco, Silvàn sulla luna. Una leggenda dimenticata sulla porta: “È la cosiddetta leggenda dell’omino sulla luna che fornisce una fantasiosa spiegazione alle macchie lunari. Le numerose varianti di tale leggenda presentano una comune struttura narrativa in cui si muovono personaggi differenti: Caino vaga sulla superficie lunare per scontare la colpa del fratricidio, il folletto Silvan è stato risucchiato lassù per impedirgli di derubare i poveri contadini di tante parti d’Europa. Silvan sulla luna compare, caso unico, nelle raffigurazioni lignee che ornano i portoni ottocenteschi di un paese mantovano che si affaccia sulle rive del Po: Pomponesco. La leggenda dell’omino sulla luna ha contribuito a radicare nella cultura popolare occidentale la profonda convinzione che il satellite fosse un dominio precluso all’uomo”.

Ciò che non è precluso all’uomo, invece, è il mitico Luadel, etimologicamente derivante da sollevare, ovvero lievitare. Si tratta di una focaccina – qui dicono pane focaccioso – da degustare calda, accompagnata da salumi locali. L’origine risale ai forni delle cascine, dove si usava testarne il giusto calore inserendo una pagnotta lavorata, intrisa di strutto, principalmente per evitare la bruciatura del pane tradizionale. Una specie di termometro alimentare, dunque. Ma come spesso capita – pensiamo al panettone che nacque in seguito ad un errore del cuoco degli Sforza – l’esperimento si tradusse in un successo, seppur estremamente circoscritto al paese, come un segreto culinario ben custodito. Oggi, grazie alle abilità del fornaio Mentore Negri (nel video) e all’ospitalità dei fratelli Saltini, ristoratori di lungo corso, è ancora possibile fare l’esperienza goduriosa del Luadel, riconsegnato all’attualità dopo aver corso il rischio dell’oblio, negli infausti anni della modernità e poi del salutismo dietetico.

L’impasto della pagnottina, sempre diverso in base alla pazienza della massaia di piegare e ripiegare la sfoglia innumerevoli volte, nasconde un lavoro lungo ed impegnativo. Circa quarantacinque ore di esperta manualità da panettieri d’altri tempi. Del resto la permanenza a Pomponesco, offre al forestiero l’impressione nitida di un affascinante balzo all’indietro, nel suggestivo microcosmo tra terra ed acqua, altrove ormai andato perduto.