La prima volta che ho incontrato “Ferdy” ho temuto mi volesse picchiare. Aveva il piglio deciso e appassionato dell’uomo di montagna e si stava accalorando perché gli avevano raccontato cose strane sul mio conto. Fu uno scontro dialettico molto vivace che mi fece capire che l’uomo era sul pezzo. Sentirlo parlare di montagna mette sempre chiunque in soggezione.

Ferdy e Nicoló Quarteroni

Si perché Ferdinando Quarteroni rappresenta una delle più belle storie di montagna contemporanee. Questo scaltro e abile imprenditore resta prima di tutto un uomo di montagna, anzi un allevatore di montagna come ama definirsi. In questa parte di Orobie sul finire degli anni ‘80 lui e la moglie Cinzia decidono di lanciarsi in una inedita avventura aprendo un agriturismo a Lenna, alta Valbrembana.  E da lì inizia una storia che giunge ai giorni nostri al massimo delle splendore. Inizialmente si Parte con i cavalli per poi a metà degli anni ‘80 Ferdy ebbe una bellissima intuizione. La necessità di subentrare  al padre nella gestione della stalla si trasforma in quella che nei decenni successivi sarebbe diventata una sorta di missione per lui è la sua famiglia.  Ed ecco che nasce la celebrazione assoluta del mito della Bruna Alpina e della Capra Orobica.

Ferdy capisce che è ora di invertire la rotta e di lavorare per tornare a popolare le montagne lombarde degli animali che sempre le hanno abitate. Inizia un percorso quasi maniacale di valorizzazione delle razze autoctone di questi animali e riprende il loro sfruttamento tradizionale da parte dell’uomo, con la  forma di allevamento rispettosa dell’ambiente che per secoli ne ha rappresentato un punto di equilibrio del sistema. Qualcuno potrebbe avventurarsi a dire che il Ferdy rappresenta uno dei primi esempi di ambientalista/allevatore. Quello che potrebbe sembrare un ossimoro trova in lui una sintesi efficace.  Le razze autoctone orobiche sono rappresentate da animali che si definiscono molto “rustici”, ossia animali in grado di vivere per molti mesi all’anno in assoluta libertà in alta quota cibandosi di solo pascolo e producendo latte dalle altissime proprietà organolettica e salutistiche.  E lui non si sottrae ai suoi impegni di allevatore tradizionale. In assoluta controtendenza da decenni riesce a coniugare la vita quasi eremitica dell’alpeggio estivo con l’attività di grande divulgatore nel resto dell’anno. Attività che lo portano spesso ad essere presente a convegni o fiere dove presentare il suo modello conservatore e innovatore al tempo stesso.

Nel frattempo il podere oltre il fiume (ci si può arrivare solo attraversando un piccolo punte sospeso) e’ diventato un vero e proprio tempio dell’ospitalità. E all’abile  Ferdy si sono uniti con piglio sostanzialmente simile, oltre alla moglie, i figli Alice e Nicoló. E grazie all’avvento dei giovani arrivano anche le novità, come spesso accade. Quella che all’inizio dell’avventura doveva essere solo una piccola locanda diventa un raffinato ristorante che mantiene tutta l’atmosfera della casa agricola nella accezione più contemporanea. Un esempio fulgido di multifunzione dove alla sana e solida tradizione gastronomica delle valli bergamasche si abbina una forma di ricerca delle materie prime davvero da specialisti. Perché Ferdy e i suoi non mollano. Scorrazzano per le vallate alla ricerca di formaggi e salumi della tradizione. Utilizzano solo carni e latte prodotti da animali autoctoni preferibilmente nell’ambito della propria azienda, ma non disdegna i caprini di un amico anch’esso votato alla tradizione in Valsassina, o il bitto (che siamo costretti a chiamare “storico ribelle”) di un altro amico in Valtellina. Ferdy in particolare non perde nemmeno la buona abitudine di raccogliere erbe spontanee che vengono sapientemente integrate e utilizzate nel menu di casa Quarteroni.  Qui peraltro si può anche alloggiare in una carinissima abitazione di legno e pietre dove a farla da padrone e’ un centro benessere di tutto rispetto. Ovviamente ci si può rinfrancare con Prodotti naturali ed erbe frutto del lavoro di questo eclettico personaggio e dei suoi cari facendo bagni nel siero di latte o negli oli essenziali, trattamenti con il fieno montano o con la lana della Pecora Bergamasca. In trionfo di prodotti realizzati con erbe officinali ricercate nei boschi dei dintorni e in val d’inferno Completano la proposta.

Il cuore e la passione del Ferdy però trovano l’apoteosi nel periodo per lui irrinunciabile dell’alpeggio estivo in Val D’inferno. Qui lui si dedica alla produzione di formaggi che poi saranno consumati tutto l’anno nell’agriturismo.  Qui si produce il mitico “furmai de mût” , mungendo le brune alpine rigorosamente a mano come se fossimo nell’ottocento. Semplicemente scaldando il latte su fuoco a Legna e senza aggiungere fermenti. Latte da vacche che ne producono poco (per questo motivo vennero sostanzialmente sostituite nei decenni scorsi)  e particolarmente ricco di proprietà, che hanno mangiato solo erba dei pascoli immacolati delle Orobie, al quale non si aggiunge nulla. Ne fermenti ne altro. La ricerca ossessiva del prodotto naturale e rispettoso del contesto ambientale ha portato questa sperimentazione ad essere comunque seguita da altri contadini delle valli di questa parte di Lombardia.

Ed era un po’ quello che sognava Ferdy che continua ad avere un atteggiamento ascetico da guru della montagna, con un occhio ben attento a che la sua resti principalmente una azienda agricola che vive di proprio. E non è poco in montagna di questi tempi. Valorizzare quel tipo di lavoro non è semplice e molto hanno abbandonato la montagna proprio per questo. Questo valga da esempio per tutti e un po’ forse lo stesso resta il principale obiettivo di quello che ormai viene riconosciuto da tutti come in riferimento per la montagna del futuro.  Ho passato giornate indimenticabili in questo luogo a discutere con lui di montagna e di agricoltura. Ovviamente mangiando e bevendo in un contesto davvero unico. Viva il Ferdy e viva i “ribelli delle Orobie“.