Vuoi vedere che alla fine avevano ragione loro, quei “matti” di Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi? Espressionisti contemporanei, burberi, geniali e tormentati, artisti che con il pennello hanno trovato, postumo, il riscatto da una vita da melodramma e, sicuramente, lontana da quegli agi che la Pianura Padana assicura ai propri figli più intraprendenti.
Chi avrebbe mai detto che Ligabue e Ghizzardi, così strambi e immaginifici, alla fine, avessero inventato nulla, ma solo fissato, nelle loro giungle padane assolate, quello che in effetti millenni prima c’era?
Già, perché la recente scoperta di Renato Bandera – pensionato appassionato di fossili che, come gli Yanomami sul Rio delle Amazzoni, solca il Grande Fiume in canoa – crea un fil rouge fra i grandi felini che i due artisti naïf dipingevano e la realtà.
Mistero presto svelato. Il museo paleo-antropologico di San Daniele Po, in provincia di Cremona, ha analizzato un osso che Bandera aveva portato nelle scorse settimane e ha confermato che quella tibia appartiene effettivamente a un grande felino, compatibile assolutamente con la specie Panthera pardus.
Si tratterebbe, secondo le ipotesi scientifiche più accreditate, di un animale di circa due metri, del peso indicativo di 45 chili e che avrebbe potuto essere un giovane maschio o una grande femmina.
Ecco dunque che la realtà, a volte, è più bizzarra della fantasia. Nemmeno Emilio Salgari, padano di Verona e che mai uscì dall’Italia, avrebbe potuto immaginare che gli sarebbe stato sufficiente ambientare le tigri di Mompracem non in Malesia, ma nelle più vicine crete del Po, le stesse che utilizzava Antonio Ligabue per forgiare le proprie opere. Senza per questo sminuire il fascino della storia. Anzi, forse il contrario.
Ed è lungo l’asse del Fiume che è insieme storia e geografia, arte e quinta scenografica, confine e stato d’animo, Terre di Lombardia segnala due mostre assolutamente imperdibili.
Una è “TerrAmare. La pittura di Pietro Ghizzardi”: 27 dipinti e un murales al Mu.Vi di Viadana (7 maggio-18 giugno), via Manzoni 14, a cura di Valter Rosa. Ingresso libero, visita su prenotazione, www.pietroghizzardi.com.
L’altra è “Antonio Ligabue” al Castello Visconteo di Pavia (17 marzo-18 giugno), viale 11 febbraio 35, a cura di Sandro Parmiggiani, Sergio Negri e in collaborazione con Simona Bartolena.
Orari: dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. Sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 20. Biglietti: intero 12 €, ridotto 10, scuole cinque euro. Audioguida inclusa nel prezzo. www.scuderiepavia.com.
Entrambi gli artisti, Ligabue e Ghizzardi, non perdono mai quella vena che potrebbe definirsi – d’accordo con lo storico dell’arte Marzio Dall’Acqua, che la impiega solo per Ligabue – “l’incantata invenzione del reale”, con quella magia, quel senso di avventura, quell’espressività che sembra quasi talvolta balbettare e talaltra urlare messaggi tra simbologia, eccessi, storie di paesaggi, di corti, di fattorie padane.
Immagini che sono sofisticate deformazioni della vita reale che, ad esempio Ghizzardi, si ripercuotono anche nella prosa, così lontana dalla grammatica corrente (e corretta) da sembrare una antica lingua locale.