Quando sentiamo parlare di Cesare Beccaria la mente corre ai ricordi scolatici grazie ai quali sappiamo che è stato il nonno di Alessandro Manzoni ed alla sua opera Dei delitti e delle pene, scritta a 25 anni che gli ha dato fama universale già nella sua epoca. Meno note invece sono le sue pagine che trattano di economia. E sull’oblio di questa parte del suo pensiero occorre meditare, tanto più se si considera che Joseph Schumpeter definisce Beccaria «l’Adam Smith italiano»: «Le somiglianze fra questi due uomini e i loro risultati sono impressionanti».

E in effetti il suo libro Elementi di economia pubblica, dato alle stampe nel 1804, 10 anni dopo la morte dell’autore e 35 dopo le lezioni di Economia a Milano, che rappresentano il periodo in cui sarebbe stato scritto, presenta grande sintonia con La ricchezza delle nazioni di Smith. Sostiene che la fonte della ricchezza delle nazioni non è costituita da risorse naturali e agricoltura, come affermava la scuola di pensiero dominante nel Settecento, ma dal lavoro umano. E ritiene che «l’economia pubblica sarà l’arte di fornire con pace e sicurezza non solamente le cose necessarie, ma ancora le comode, alla moltitudine riunita». Questa base del suo pensiero, elaborata dal Beccaria dalle sue lezioni nel 1768, si troverà nell’incipit della Ricchezza delle nazioni, pubblicato nel 1776. In entrambi i casi viene disegnata la svolta che rivoluziona il sapere economico e recide il fondamento della rendita che sosteneva i ceti dominanti: aristocratici e proprietari terrieri.

Beccaria, eclettico tra mercantilismo e fisiocrazia, sostegno al libero mercato e anticipazioni del moderno welfare, lasciò però incompiuto il capolavoro economico. Entrato nella pubblica amministrazione impermea la sua azione di riforma su basi liberiste ma anticipa il keynesismo: abolisce le corporazioni; dà vita al Monte delle sete, primo istituto di credito industriale; propone rimedi alla disoccupazione, da una sorta di cassa integrazione alla spesa in lavori pubblici; prefigura l’introduzione di un sistema metrico decimale di misure e pesi; porta a una riforma monetaria ammirata in Europa. Provvedimenti rivoluzionari per l’epoca che purtroppo restano in ombra per lungo tempo.

Almeno sino ad oggi quando un saggio di Carlo Scognamiglio Pasini «L’arte della ricchezza. Cesare Beccaria economista» (Mondadori) da poco dato alle stampe cerca di riprendere il discorso perduto e portarlo a conoscenza della società contemporanea.