Meneghino (in dialetto milanese Meneghin, Menichino, dim. del nome di persona Domenico – Menico) è un personaggio del teatro milanese, ideato da Carlo Maria Maggi e divenuto in seguito maschera della commedia dell’arte. Prendendo il posto di Beltrame, è divenuto il simbolo popolaresco della città di Milano, tanto che il termine meneghino è normalmente utilizzato per identificare i cittadini milanesi e come aggettivo indica ciò che è più caratteristico della città e dei suoi abitanti.

Il personaggio di Meneghino fu in origine quello del servo spiritoso derivato dalla figura di Zanni, ma caratterizzato soprattutto da onestà, sincerità (simboleggiata anche dal fatto che, a differenza di molti personaggi della commedia dell’arte, egli non indossa una maschera) e un forte senso di giustizia. Nel corso dei secoli, Meneghino ha assunto diversi ruoli sul palcoscenico, tra cui quello del padrone, del contadino e del mercante.

Accompagnato dalla moglie Cecca nelle sfilate del Carnevale ambrosiano, Meneghino indossa di solito un cappello a tre punte sopra una parrucca nera col codino, una lunga giacca con un gilet fiorito giallo o altrimenti colorato sopra una camicia bianca, pantaloni corti al ginocchio e verdi, calze a righe bianche e rosse, e infine scarpe nere con fibbie.

Contrariamente alle altre maschere della commedia dell’arte, nate da caratterizzazioni dovute a singoli attori, Meneghino si formò alla fine del XVII secolo all’interno di commedie scritte da Carlo Maria Maggi senza alcuna possibilità di improvvisazione da parte degli interpreti.

Fu incluso in quattro commedie scritte da Maggi in dialetto milanese: ne Il manco male (1695) compare solo nel prologo e in alcune scene slegate dall’azione principale; ne Il Barone di Birbanza (1696) è il servo sciocco di Polidoro, figlio di Polisema, ricca vedova, che vorrebbe il matrimonio di Polidoro con la Baronina, figlia del Barone di Birbanza, nobile in realtà spiantato; ne I consigli di Meneghino (1697) ha la parte del servo di Fabio e gli fornisce consigli su come sottrarsi a un matrimonio deciso dal padre nella commedia Il falso filosofo (1698) ha una parte notevole come servo di Pomponio, vecchio ricco e malato, raggirato da Cleante, filosofo forestiero. Maggi scrisse anche Il Concorso de’ Meneghini (1698-1699), incentrato sulla Abbazia dei poeti “meneghini”, e alcuni intermezzi teatrali incentrati su Meneghino.

Grazie al successo di queste commedie, il personaggio, senza maschera e senza trucco, sostituì nelle rappresentazioni Beltrame da Gaggiano (Baltramm de Gagian), figura più rozza che rappresentava «un contadino goffo e incapace, che non sa mai trarsi d’impaccio».

«Meneghino è un servitore ammogliato, carico di figli, affezionatissimo a’ suoi padroni, virtuosamente ridicolo, onestamente codardo, operante ognora con una comica circospezione, e sempre ingannato dal primo furbo in cui si abbatte. Sul teatro Meneghino è il zimbello di tutti gli intrighi: e spande, per modo di dire, la sua dabbenaggine, la sua stupidezza sopra tutti gl’interlocutori. Fuori del teatro poi egli è ancora il protagonista di tutte le poesie locali; e sotto il nome di lui passano quasi sempre i racconti, le canzoni e le satire.»

Giuseppe Ferrari

Secondo alcune ipotesi il Maggi lo avrebbe derivato da Menghino, personaggio secondario de La Lena (1528) di Ludovico Ariosto oppure da Menego, contadino del Dialogo facetissimo (1528) del Ruzante; le caratteristiche di Meneghino sono però nettamente diverse. Altra ipotesi, ritenuta però non attendibile, è la derivazione dall’opera Menecmi di Plauto, che tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo si trova tradotta in volgare come I Menechini anche in ambito milanese.

Agli inizi del Novecento Luigi Rasi descrisse il costume come simile a quello della maschera piemontese Gianduja, basato su quello dei paesani dei primi del Settecento. Meneghino non porta una maschera; in testa ha un parrucchino scuro con codino e il cappello nero di feltro, orlato di rosso, a tre punte. Indossa una giacca di color verde scuro, inquartata, con fodera, orlatura e bottoni rossi; il panciotto è a fiori, anch’esso orlato in rosso. Porta calzoni corti scuri; ha calze a righe rosse e scarpe basse nere con fibbia. Altra versione, meno nota, comprende una veste di tessuto bianco a maglia, lunghe calze verdi, una cintura e scarponi di cuoio.