La cultura di Golasecca (IX-IV secolo a.C.) si sviluppa a partire dall’età del bronzo finale, nella pianura padana e prende il nome dalla località di Golasecca, presso il Ticino dove, agli inizi del XIX secolo, l’abate Giovanni Battista Giani effettuò, nell’area del Monsorino, i primi ritrovamenti (circa cinquanta tombe con ceramiche e oggetti metallici).

Le sue testimonianze materiali si trovano sparse in un ampio territorio di 20.000 km² a sud delle Alpi, compreso tra i fiumi Po, Serio e Sesia delimitato a nord dai valichi alpini. La maggiore densità demografica si è sempre avuta nella fascia collinare subalpina, con una continuità di circa un millennio, ed è questa l’area che ha visto lo sviluppo dei due epicentri della Cultura stessa, le zone di Sesto Calende-Golasecca-Castelletto Ticino e quella nei dintorni di Como.

Nel territorio della Cultura di Golasecca sono state effettuate scoperte che hanno modificato sensibilmente la conoscenza della protostoria europea. Nel territorio di Castelletto sopra Ticino è stato ritrovato, ad esempio, un masso iscritto, databile entro il VII secolo a.C., con la più antica iscrizione in lingua celtica su pietra finora nota: lettura probabile Chothios, interpretabile come il figlio dell’anziano. Il cippo è attualmente conservato presso la sede della Biblioteca civica castellettese.

Il nome di Cultura di Golasecca trae la sua origine dai primi ritrovamenti tratti dagli scavi effettuati a partire dal 1822, in alcuni siti del territorio di Golasecca, dall’antiquario abate Giovanni Battista Giani (1788-1857) che identificò le tombe da lui rinvenute, chiaramente non romane, come resti di una battaglia combattuta tra Annibale e Publio Cornelio Scipione (Battaglia del Ticino, 218 a.C.).

Nel 1865 Louis Laurent Gabriel de Mortillet, uno dei padri fondatori dell’archeologia europea, giustamente assegnò le stesse tombe ad una cultura pre-romana, della prima età del ferro, con un probabile substrato celtico come illustrato dalle similarità riscontrate con i ritrovamenti della Cultura di Hallstatt. Mortillet compì diversi viaggi in Italia riportando in Francia parte della Collezione dell’abate Giani, che andò ad arricchire il Musée des Antiquités nationales di cui egli era Vice-curatore.

L’ambito degli scavi golasecchiani si allargò a vari altri siti per tutto il tardo XIX secolo. Alexandre Bertrand, anch’egli curatoredel Musée des Antiquités nationales, si recò sul posto nel 1873 per condurre personalmente degli scavi. Con la collaborazione di numerosi archeologi francesi, italiani e tedeschi si pervenne, al Congresso Archeologico di Stoccolma del 1874, a stabilire la periodizzazione della Cultura di Golasecca, divisa in tre periodi dal 900 al 380 a.C. e conclusa con l’invasione gallica della Pianura padana nel 388 a.C.

La moderna ricognizione del Golasecca è dovuta alle campagne di scavi intraprese nel periodo 1965-69 nell’area del Monsorino sotto la direzione di Angelo Mira Bonomi.

Studi cronologici più recenti sull’argomento sono stati prodotti da Raffaele De Marinis.

Nell’area di Castelletto sopra Ticino, tra il 2001 e il 2003, una campagna di scavi condotta sotto la direzione di Filippo Maria Gambari ha riportato alla luce in località Croce Pietra (Via del Maneggio, Via Aronco, Via Repubblica) la più antica necropoli gentilizia del Piemonte, sviluppatasi tra la fine del IX ed il VII secolo a.C., trasformata intorno al 670 a.C. in area di culto dinastico del primo centro protourbano del Piemonte. Delle 44 tombe individuate negli scavi, 33 erano ancora pressoché intatte. Dopo una lunga attività di catalogazione e restauro, i reperti (urne e corredi funerari) sono stati esposti fra il 2009 e il 2010 presso la sala polivalente Albino Calletti di Castelletto sopra Ticino in una grande mostra dal titolo L’alba della città – Le prime necropoli del centro protourbano di Castelletto Ticino.

Dal punto di vista archeologico sono attribuiti alla Cultura di Golasecca i ritrovamenti databili dal IX al IV secolo a.C. Tuttavia le origini di questa cultura si riallacciano direttamente alle precedenti fasi dell’età del bronzo recente (Cultura di Canegrate, XIII secolo a.C.) e finale (Cultura del protogolasecca, dal XII al X secolo a.C.). Parimenti gli studi effettuati negli ultimi anni (in particolar modo gli studi cronologici condotti da Raffaele De Marinis) hanno dimostrato una notevole continuità culturale anche dopo la grande invasione dei GalliTransalpini del 388 a.C.

Il Neolitico rappresenta un periodo di optimum climatico, dal 1600 a.C. circa il clima si raffredda, e diviene più umido, fino a raggiungere i massimi negativi tra il 1400-1300 a.C. (età del bronzo) ed il 900-300 a.C. (età del ferro). Tra il 900 ed il 300 a.C. i ghiacciai ritornano anche a quote relativamente basse, dove l’uomo si era già da tempo insediato, la piovosità aumenta su tutta l’Europa ed il periodo è segnato, tra l’altro, dalla migrazione delle popolazioni celtiche verso zone più calde.

La possibilità di un facile accesso ai valichi alpini del San Gottardo, San Bernardino e Spluga, attraverso il corso dei fiumi e laghi insubrici allora più ricchi d’acqua, fa di questa regione il ponte di collegamento naturale tra il resto d’Italia ed il Mediterraneo da una parte con l’Europa centro-occidentale dall’altra. A sua volta il vicino territorio elvetico agisce come punto di raccordo delle vie fluviali di Reno, Rodano e Danubio.

Nell’insediamento di Golasecca la cultura fiorì particolarmente per le favorevoli circostanze geografiche. Qui infatti il Ticino esce dal Lago Maggiore, e questa posizione agevolò lo sviluppo del commercio di sale, in cui gli abitanti di Golasecca facevano da tramite tra Etruschi e la Cultura di Hallstatt (Austria). Nel VII secolo a.C. il comprensorio Sesto Calende-Golasecca-Castelletto Ticino non conta meno di tremila abitanti.

Nel VI secolo a.C. i Golasecchiani, grazie al controllo delle vie d’acqua e dei valichi alpini, diventano gli intermediari dei commerci Greci ed Etruschi con i Celti dell’Europa centrale. Le mediazioni commerciali si allargarono poi fino ad includere il mondo greco (olio e vino, oggetti di bronzo, ceramica attica, incenso e corallo) e il mondo transalpino (stagno della Cornovaglia e della Galizia Atlantica, ambra proveniente dal Baltico).

Sempre nel corso del VI secolo a.C. si evolvono fenomeni di sviluppo protourbano, comunque già presenti fin dall’VIII secolo a.C., in particolare nel circondario di Como, che conferiscono a questo centro un ruolo commerciale particolare ed un primato culturale sul territorio circostante. Il fenomeno della gerarchizzazione del territorio si accompagna a modifiche strutturali della comunità, attraverso un processo di stratificazione sociale, con la formazione di stabili élite, fenomeno già visibile fin dall’VIII secolo a.C. e che si accentua progressivamente.

A quest’epoca (metà del VI e fine VI-inizio V secolo a.C.) risalgono anche le prime testimonianze scritte, con iscrizioni su ceramica e su pietra, redatte nel cosiddetto alfabeto leponzio, derivato dai caratteri alfabetici nord etruschi. A questo periodo appartiene probabilmente un primo centro protourbano di Milano, punto di arrivo di un itinerario che partendo dall’emporio etrusco di Genova percorreva la valle del torrente Scrivia.

Oltre all’uso della scrittura, la cultura di Golasecca presenta altre caratteristiche delle prime società storiche evolute, per esempio la conoscenza della ruota (rinvenuta nella tomba con carro conosciuta come Tomba del Guerriero a Sesto Calende) o l’uso specializzato di materiali diversi. Le prime abitazioni, per esempio, erano costruzioni circolari di legno poste nell’area alluvionale del fiume; poggiavano su fondamenta in pietra con un focolare centrale; la pavimentazione era costituita da ciottoli infissi nell’argilla, e ricoperti con stuoie intrecciate. Sono stati ritrovate anche ceramiche (modellate senza l’uso di un tornio) decorate in gesso, ma a partire dal VI secolo a.C. la ceramica migliora come qualità ed è prodotta al tornio lento con impasti più depurati.

Con il Golasecchiano III A (V secolo a.C.), contemporaneamente al declino del comprensorio di Golasecca ed all’accentuarsi dell’importanza di Como dove numerose iscrizioni del periodo sono note, giunge al culmine il processo di incremento demografico della popolazione golasecchiana testimoniato dal numero di siti occupati, circa novanta, numero di gran lunga maggiore di ogni periodo.

La formazione dell’Etruria padana e l’espansione etrusca anche a nord del Po lungo l’asse del Mincio (e quindi lungo la pedemontana Brescia–Bergamo–Como, più tardi nota come Strada gallica), poco dopo la metà del VI secolo a.C., unito all’abbandono delle rotte dei traffici verso l’Europa centrale attraverso Marsiglia e l’Etruria tirrenica determinarono un notevole incremento della ricchezza e importanti cambiamenti culturali nell’area golasecchiana. L’uso della scrittura appare ora diffuso ampiamente sulle ceramiche.

Le invasioni galliche del 391-386 a.C., molto probabilmente procedute da significative infiltrazioni nell’arco di almeno tre generazioni di cui vi è qualche traccia archeologica, provocarono la fine dell’Etruria Padana e di conseguenza anche dei traffici tra mondo mediterraneo, Etruria Padana, Como e Mondo transalpino. Da questo momento in poi la Cultura di Golasecca si trasforma gradualmente sotto l’influsso gallico per uniformarsi a quella di La Tène.

All’interno del territorio “golasecchiano” divenuto Gallia cisalpina, oggi ricompreso in aree appartenenti a due regioni italiane (Lombardia e Piemonte) ed alla Svizzera, si osservano alcune zone che presentano una maggiore concentrazione di ritrovamenti e che corrispondono a grandi linee alle diverse facies archeologiche attestate nell’ambito della Cultura di Golasecca. Esse coincidono, in maniera significativa, con i territori occupati da quei gruppi tribali i cui nomi sono riportati dagli storici e geografi latini e greci:

  • Insubri: nell’area a sud del lago Maggiore, nel Varesotto e parte del Novarese con Golasecca, Sesto Calende, Castelletto sopra Ticino; dal V secolo a.C. quest’area rimane improvvisamente spopolata, mentre sorge il primo insediamento di Mediolanum (Milano).
  • Leponti: nel Canton Ticino, con Bellinzona e il Sopra Ceneri; nell’Ossola.
  • Orobi: nell’area di Como e Bergamo.
  • Levi e Marici: nella Lomellina (Pavia/Ticinum).