Sapete che se tutte le donne in Italia incrociassero le braccia, andrebbero in fumo due miliardi di euro in un giorno? Frutto del lavoro di più di 9,5 milioni di italiane occupate, tra dipendenti e imprenditrici.

Questo è quanto stimato dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza, che ben inquadra il mondo femminile moderno, fatto di donne che curano figli e casa, ma che sempre di più contribuiscono all’economia del Paese.
Nelle coppie dove entrambi i partner lavorano, infatti, la quota del lavoro familiare che include i lavori di casa, la cura dei bambini, l’assistenza e la spesa, che grava sulle donne corrisponde al 69,1% con punte che toccano il 94,9% per il lavare e stirare, la faccenda domestica che gli uomini evitano di più.

Secondo i dati dell’ultimo trimestre dello scorso anno, complessivamente sono oltre 9,5 milioni le donne occupate in Italia e rappresentano il 41,7% sul totale. In Lombardia la quota si attesta addirittura ben oltre il 40%, dove Milano resta addirittura sopra la media regionale.
In Lombardia le imprese femminili danno circa 400 mila posti di lavoro; sono 155mila le imprese femminili con sede in Lombardia (dati elaborati nel 2016) in crescita dell’1,2% in un anno, meglio della media italiana che si ferma al +0,7%. Milano è prima in Regione con 52mila imprese, impiegano 134.571, seguita da Brescia (22mila per 51.456 addetti) e Bergamo (17mila per 42.845 assunti), Varese (12mila per un totale di 29.340 addetti).

“E’ cambiata la realtà delle donne milanesi negli ultimi anni – ha dichiarato Federica Ortalli, presidente del Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Milano -. C’è oggi una maggiore presenza nell’economia, accompagnata da una maggiore qualificazione delle imprenditrici femminili con un miglioramento di qualità del lavoro e un rafforzamento di ruolo nel contesto imprenditoriale. Si tratta di realtà aziendali che sono sempre di più un riferimento e non tanto una soluzione lavorativa autonoma alternativa all’impiego. Le nostre imprenditrici sono preparate e capaci di confrontarsi con i mercati e con il mondo delle istituzioni, capaci di muoversi in un contesto connesso e avanzato come Milano a livello europeo e internazionale”.

In pillole.
Le imprese femminili in Lombardia per settori: circa un terzo è attiva nel commercio, 22mila nelle attività di servizi alla persona, 17 mila nell’alloggio e ristorazione, 15mila nelle attività manifatturiere.
Nell’ultimo anno, le quote rosa sono particolarmente vincenti in anche nell’agricoltura dove un’impresa su 4 è a guida femminile. Il trend è guidato da Sondrio, Lecco e Como. In Lombardia, secondo i dati incrociati di Coldiretti regionale e Camera di Commercio di Milano, Como e Lecco sono tra le province che hanno un’incidenza di donne imprenditrici agricole tra le più alte, seconde solo a quella di Sondrio, dove quasi 4 aziende su 10 sono guidate da donne..
“Le donne sono cresciute – afferma Cristina De Angeli, responsabile di Coldiretti Donne Impresa Como Lecco e allevatrice di Tremezzo – prima si occupavano di tenere in ordine i conti e le fatture, adesso entrano sempre di più nell’attività operativa quotidiana di gestione dell’azienda e nelle scelte di pianificazione e investimento. E non stiamo parlando solo di settori legati ai servizi di turismo e ristorazione, ma anche in quelli più tradizionali come gli allevamenti da latte o la viticoltura”.
Le imprese femminili in Lombardia giovani: sono quasi 20mila le imprese femminili con titolari under 35 attive in Lombardia con un peso del 14% sul totale italiano. Le imprese femminili giovani si dividono tra Milano (31%), Brescia (15%) e Bergamo (12%). Le donne imprenditrici under 35 preferiscono il commercio (4.840), alloggio e ristorazione (2.828), manifatturiero (1.249) e noleggio e servizi di supporto alle imprese (1.207).
Le imprese femminili in Lombardia straniere: sono concentrate a Milano. In Lombardia sono 19.563, con un peso del 17% sull’Italia, a Varese sono 1.234 (6% del totale delle imprese con il capo donna). Le imprese femminili straniere in Lombardia si dedicano soprattutto al commercio (5.639) e alla ristorazione (3.311) seguite dai servizi alla persona e al manifatturiero (circa 2.300 ciascuno).