Il Teatro alla Scala, citato solitamente in maniera informale come la Scala, è il principale teatro d’opera di Milano. Considerato tra i più prestigiosi teatri al mondo, ospita da 242 anni i principali artisti nel campo internazionale dell’opera, e, più in generale, della musica classica, spesso commissionando opere tuttora presenti nei cartelloni dei maggiori teatri nel mondo.

L’edificio, progettato dal Giuseppe Piermarini e inaugurato nel 1778, sorse sulle ceneri del precedente Teatro Ducale, distrutto da un incendio nel 1776; deve il nome alla chiesa di Santa Maria alla Scala, demolita per far posto al Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala inaugurato il 3 agosto 1778, sotto l’allora regno di Maria Teresa d’Austria, con L’Europa riconosciuta composta per l’occasione da Antonio Salieri. A partire dall’anno di fondazione è sede dell’omonimo coro, dell’orchestra, del corpo di Ballo, e dal 1982 anche della Filarmonica. Il complesso teatrale è situato nell’omonima piazza, affiancato dal Casino Ricordi, oggi sede del Museo teatrale alla Scala.

Le premesse

Le prime strutture deputate all’opera in Milano furono i teatri di corte che si avvicendarono nel cortile di Palazzo Reale: un primo salone intitolato a Margherita d’Austria-Stiria, moglie di Filippo III di Spagna, eretto nel 1598 e distrutto da un incendio il 5 gennaio 1708 e il Regio Ducal Teatro, costruito nove anni più tardi a spese della nobiltà milanese su progetto di Gian Domenico Barbieri.

Per il palcoscenico di questi teatri furono commissionate opere di importanti compositori, tra i quali: Nicola Porpora (Siface), Tomaso Albinoni (La fortezza al cimento), Christoph Willibald Gluck (Artaserse, Demofoonte, Sofonisba, Ippolito), Josef Mysliveček (Il gran Tamerlano), Giovanni Paisiello (Sismano nel Mogol, Andromeda), Wolfgang Amadeus Mozart (Mitridate, re di Ponto, Ascanio in Alba, Lucio Silla).

Il Nuovo Regio Ducal Teatro

Il Teatro alla Scala fu costruito in conformità a un decreto dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, emanato su richiesta di famiglie patrizie milanesi, capitanate da Giangiacomo Durini conte di Monza. palchettiste del “Regio Ducale”, il vecchio teatro di corte milanese di cui era sovrintendente proprio il Durini, andato distrutto in un incendio divampato il 26 febbraio 1776. Le stesse famiglie si impegnarono a sostenere le spese per l’edificazione del nuovo teatro in cambio del rinnovo della proprietà dei palchi. Il progetto venne affidato al celebre architetto Giuseppe Piermarini, il quale provvide anche al disegno del “Teatro Interinale”, una struttura temporanea costruita presso la chiesa di San Giovanni in Conca, e del Teatro della Cannobiana, dalla pianta assai simile a quella della Scala, ma in dimensione ridotta, dedicato a spettacoli più “popolari”. La decorazione pittorica fu realizzata da Giuseppe Levati e Giuseppe Reina. Domenico Riccardi dipinse invece il sipario, rappresentante, pare su suggerimento del Parini, il “Parnaso”.

Il teatro sorse al posto della chiesa di Santa Maria alla Scala, da cui prese il nome (la chiesa prese a sua volta il nome dalla sua fondatrice, Regina della Scala, della dinastia degli Scaligeri di Verona), i cui lavori di demolizione iniziarono il 5 agosto 1776; il 28 maggio 1778 si svolsero le prime prove di acustica e il 3 agosto, alla presenza del governatore di Milano, l’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Este, di Maria Beatrice d’Este, del conte Carlo Giuseppe di Firmian e del duca Francesco III d’Este, venne inaugurato il “Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala” da 3.000 posti con la prima rappresentazione assoluta de L’Europa riconosciuta di Salieri. Il libretto, opera dell’abate Mattia Verazzi, fu pensato per dare spazio ad arie ricche di virtuosismi, ed è caratterizzato dai numerosi duetti, terzetti e complessi finali d’atto. La sera del 3 agosto, tra gli spettatori c’era anche Pietro Verri, il quale scrisse al fratello Alessandro, in quel periodo a Roma: «la pompa dei vestiti è somma, le comparse ti popolano il palco di più di cento figure e fanno il loro dovere… gli occhi sono sempre occupati». Particolarmente suggestivo risultò l’inizio in medias res, «mentre te ne stai aspettando quando si dia principio, ascolti un tuono, poi uno scoppio di fulmine e questo è il segnale perché l’orchestra cominci l’ouverture, al momento s’alza il sipario, vedi un mare in burrasca». Allietarono gli intervalli i balli Pafio e Mirra, o sia I prigionieri di Cipro, musica di Salieri, coreografia di Claudio Legrand, e Apollo placato, musica di Luigi de Baillou, coreografia di Giuseppe Canziani.