di Riccardo Pozzi

Per secoli ha immolato le proprie carni, forse non proprio spontaneamente, sfamando le lombarde genti e anche chi, alle lombarde genti, voleva far la festa. Il maiale di pianura, tendenzialmente pigro e allergico alle salite più alte di un argine, da sempre maltrattato da chi poteva permettersi di non cibarsene, ha salvato milioni di contadini e famiglie dalla fame, ha ispirato la concia dei migliori insaccati del mondo, ha permesso di superare inverni rigidissimi a chi non aveva pellicce nell’armadio e a volte si svegliava con la brina sulla coperta.

Intelligente e dotato di un fiuto migliore del cane, ha pagato, lo sventurato, la bontà delle proprie carni  con l’oblio di tutte le virtù di cui dispone. Metafora alimentare dell’adipe deliberata, sciagurata similitudine che del suo piede funge attrezzo il lestofante, colesterolico paradigma  del lipide insaturo, ingiusta onomatopea dell’umana lascivia, il maiale è, al contrario, santo dei poveri e non demoniaco, perché è con poetica delle sue cosce che arriva al gusto del crudo, pronto a sublimare nel divino.

Crocefisso dal nutrizionismo vegetably-correct, lapidato dal veganesimo dolciniano, scomunicato dai musulmani come carne impura, bandito dallo snobismo anticalorico, il maiale lombardo, come quello padano, continua a resistere in vita, negli allevamenti di contenzione, dove in ogni stalla c’è un esemplare che, a turno,  rimane sempre sveglio perché dell’uomo, e con ragione,  non si fida.

Povero maiale. Del suo destino sembra consapevole, con l’unica consolazione per la verità sconsolante, che del di lui corpo nulla è gettato.  Sorridente e umanizzato sulle confezioni del prosciutto, parlante e gentile nei cartoni dei bambini, paralizzato dal freddo e dalla paura sui TIR con i lati aperti, che del maiale diffondono il celebre olezzo, prima del macello finale.

Onore al porco, giù il cappello alla sua missione, vanto d’ogni cucina che l’Alpe circonda, nonostante chi lo addita come nocivo e luciferino, poi di nascosto e in silenzio, lo infila nel panino.