Risotto alla milanese (ris giald)
Secondo diversi autori (Claudia Roden, Clifford Wright) il risotto alla milanese discende direttamente dal “riso col zafran” una specie di riso pilaff con lo zafferano, ricetta medioevale conosciuta sia da Ebrei che da Arabi. Ma la sua nascita ufficiale avviene l’8 Settembre 1574 come si legge nella Delibera del Riconoscimento.
Per quel giorno il mastro vetraio belga Valerio di Fiandra aveva fissato le nozze di sua figlia. Quella data, evidentemente, aveva un valore speciale per lui che lavorava alle vetrate del Duomo… Durante il pranzo di nozze comparve un piatto di riso colorato con lo zafferano, materiale che la squadra di vetrai belgi al seguito di mastro Valerio era solita aggiungere a molti colori per creare particolari effetti cromatici.
Il riso così preparato, forse per scherzo, piacque a tutti, sia per il sapore che per il colore, in un’epoca in cui si attribuiva all’oro, o in sua mancanza alle sostanze gialle, un’importanza anche farmacologica.
Subito questo nuovo modo di preparare il riso si diffuse in tutta la città.
L’attuale tecnica di cuocere lentamente il riso aggiungendo progressivamente il brodo si afferma lentamente, ogni ricetta iniziava invariabilmente con la preparazione del riso lessato.
Nel 1809 l’opera intitolata “Cuoco Moderno”, di cui non si conosce ‘autore (se non per l’acronimo L.O.G.) lo descrive nella sua forma definitiva: “riso giallo in padella”. Vi si descrive la cottura del riso, saltato precedentemente in un soffritto di burro, cervellata, midolla, cipolla, cui si aggiunge progressivamente brodo caldo nel quale sia stato stemperato dello zafferano.
Nel 1829 Felice Luraschi, celebre cuoco milanese, fa stampare il suo “Nuovo cuoco milanese economico”. Qui l’antico riso giallo diventa “risotto alla milanese giallo”, completo di grasso e midollo di bue, zafferano e noce moscata, bagnato con brodo, insaporito con quella cervellata di medioevale memoria e con formaggio grattugiato.
Ai giorni nostri Gualtiero Marchesi perfeziona la ricetta e in talune occasioni vi aggiunge una lamina d’oro che si sposa con il giallo intenso dello zafferano.
La preparazione prevede soffritto leggero di cipolla e midollo di bue in burro, tostatura del riso (oltre al Carnaroli ultimamente sono state riscoperte anche altre varietà quali: Rosa Marchetti, Baldo, Maratelli, e Vialone Nano), sfumatura con vino bianco e aggiunta di brodo a mestoli fino a cottura, continua mescolatura con cucchiaio di legno, a metà della quale si aggiungerà lo zafferano (meglio se in pistilli) e il formaggio grattugiato e i gastronomi sono concordi. Le “interpretazioni” nascono sulla quantità e qualità degli ingredienti e su quale sapore fare emergere al momento della “spiattatura”. Varianti più comuni:
- senza lo zafferano (bianco, alla monzese)
- con la zucca
- con luganega (salsiccia) al posto del midollo
- rosso, con pomodoro
- con i funghi (freschi o essiccati, bianco o giallo)
- cont i ortiggh (cime di luppolo)
- con gli asparagi
- con crostacei (un tempo code di gamberi di fiume)
- con i legumi (fasoeu, borlott fagioli; scisger ceci o fave o piselli)
- con gorgonzola (o altri formaggi morbidi al posto del grana)
- al vino
- mantecato (con più grana e burro crudo a cottura ferma)
- con le rane (servivano quelle piccole, di fosso o risaia, ora introvabili)
Le varianti si possono ricombinare a piacere. Per il risotto avanzato, il “salto”: formato un tortino basso, lo si fa scaldare in tegame con burro caldo in due tempi, fino alla formazione di una crosticina abbrustolita e compatta. I bravi cuochi sono in grado di rovesciare il tortino con un solo deciso gesto del polso, per l’appunto, un salto.
Come “piatto unico” il risotto giallo si può accompagnare all’ossobuco, agli involtini, al rostin negaa, al manz in grass de rost, ai quaj (quaglie); bianco, a filetti di persico fritti in burro e salvia o in cotoletta.