di Riccardo Pozzi

Immersi nel frastuono della fila di curiosi sulla Milano-Venezia, nemmeno facciamo caso alle indicazioni dl lago d’Iseo. Ci nasce l’Oglio, un’ affluente importante del Po ma nessuno in genere sa dire altro, fino a che un passeggero azzarda una possibilità, quella di andare a vedere le Piramidi di Zone.

Cosa diavolo siano  e cosa abbiano di particolare queste piramidi è poco noto. Le loro foto le troviamo presto. E’ facile anche avere una spiegazione tecnica della loro formazione,  la corrosione controllata e protetta da massi impermeabili posti in cima a torri di detriti morenici, l’effetto dilavante delle piogge ha creato queste strutture di 150.000 anni fa , ancora oggi ammirabili.

Pochi minuti dopo aver lasciato l’autostrada sappiamo già tutto delle Piramidi di erosione di Zone tanto che a qualcuno viene voglia di cambiare meta.

Ma qui sta la svolta, perché un conto è guardare immagini su un telefono e un altro è immergersi nell’ambiente che quelle immagini ha creato.

E allora cambia tutto e ti ritrovi dentro a  una magia silvana dove questi giganti , che arrivano a trenta metri di altezza, ti guardano con sfida come se fossi  Willy Coyote e inseguissi il tuo road runner Beep Beep nei canyons improbabili dell’America dei cartoon. E invece vedi il lago d’Iseo sullo sfondo e hai l’impressione che dal sottobosco di quella magia possano uscire elfi e trolls.

Un luogo evocativo e sospeso nel tempo, cesellato dalla misteriosa e potente mano della glaciazione e, altrettanto misteriosamente, rimasto intatto fino ai nostri giorni

E mentre milioni di vacanzieri passano sulla vicina arteria autostradale, cliccando e taggando immagini sui loro  meravigliosi smartphone che più smart non si può, non molto lontano da quel frastuono e da quell’assurdo serpentone  di partenze intelligenti, resiste un miracolo dei millenni, una meraviglia del silenzio e del divenire.

Una cosa che solo i famosi elfi del lago d’Iseo conoscono e sanno difendere.