Esiste un angolo della Brianza lecchese che è diventato l’emblema della resistenza rurale e ambientale del territorio. Il mio amico Matteo insisteva da anni nel tentativo di portarmi a vedere questo posto e ammetto di avere accettato con un certo scetticismo. Da queste parti normalmente si fanno rally fra i capannoni e nell’immaginario collettivo solo la vicina Montevecchia sfugge allo stereotipo, avendo rappresentato per generazioni di milanesi il luogo della domenica (preferibilmente in bella stagione) dove andare ad acquistare vino in damigiana senza grandi pretese e mangiare in una delle numerose osterie che fanno da corollario al pittoresco paesello arrampicato sulla collina. Aveva ragione lui però, qui ho scoperto un mondo a me sconosciuto. Siamo a Perego provincia di Lecco e per la precisione siamo in un’area compresa in una vallecola sostanzialmente intatta dove dal 1992 la famiglia Crippa gestisce una bellissima azienda agricola con 12 ettari di vigneto e una ospitalità diffusa degna di altre latitudini: una azienda agrituristica denominata “La Costa”!

La vicenda risulta per certi versi paradossale. A realizzare questa idea ci ha pensato un uomo che tutto era fuorché un contadino. Giordano Crippa qui era nato e in Brianza aveva fatto fortuna con attività nel settore immobiliare e delle costruzioni. In quegli anni pochi polmoni verdi come questo erano sfuggiti in questa zona alle attività immobiliari. Ma lui con questo investimento scelse di cambiare strategia. Partendo dalla realizzazione di un piccolo vigneto quasi per divertimento, ha dato vita ad una delle più apprezzate realtà emergenti della nuova generazione di vignaioli Lombardi. Senza dubbio è stato fortunato. Ha avuto dalla sua la passione di tutta una famiglia e in particolare quella della figlia Claudia che oggi guida l’azienda e non solo. Il colpo d’occhio e’ fantastico. Quando arrivi qui sembra di entrare nella macchina del tempo. E incontrare Claudia e’ sempre una esperienza stimolante. Lei è un fiume in piena di passione e di iniziativa.

Oggi con la sua cantina sfiora le cinquantamila bottiglie e lei segue tutte le attività in azienda. Dai campi alla promozione. Come una orgogliosa contadina contemporanea da sfoggio di grande competenza e di capacità organizzativa. Questa non è uno sfogo o un divertimento di qualche annoiata cittadina in cerca di emozioni, questa è una vera azienda agricola. Con tutti i suoi problemi e le sue straordinarie virtù.
La cascina principale si chiama “Galbusera Nera” e rappresenta il cuore dell’azienda agrituristica. Una splendida cascina in stile Lombardo in mezzo alle vigne che da queste parti fa un certo effetto. Qui si può mangiare e molto bene. In cucina c’è la signora Mina, la mamma di Claudia che svolge il ruolo di ufficiale di collegamento con un giovane cuoco valtellinese al quale è affidata la gestione del ristorante.

Claudia è stata brava di sicuro ma non c’è dubbio che tutta la famiglia l’abbia assecondata e sostenuta nei suoi progetti. Lei è sempre impegnata visto che per tanti anni si è occupata di promozione territoriale ed è stata anche presidente del Consorzio Terre Lariane, che anche grazie a lei è tornato ad avere un ruolo interessante nel panorama enoico Lombardo. Quando i Crippa hanno iniziato a fare ricerca sul vino qui si produceva appunto vino da milanesi domenicali. Di quelli che con la 600 caricavano la damigiana piccola per imbottigliare nel garage dei condomini di periferia. Altra storia rispetto a quella attuale. Qui nel bel mezzo del Parco del Curone si è recuperata una antica tradizione migliorandola. Peraltro sostenendo tutto un territorio utilizzando nel ristorante i prodotti più identitari realizzati da piccoli produttori resistenti. Le cascine sono più di una in realtà e la prima denominata “La scarpata” in futuro potrebbe essere utilizzata in pianta stabile per attività divulgative. Ma qua (e non voglio banalizzare), al di là dei meriti straordinari del progetto della famiglia Crippa, si viene per mangiare e bere bene. E così è stato per me più volte. In questo contesto incantevole si può anche dormire nelle cascina settecentesca che e’ stata ristrutturata negli anni e salvate dal degrado e incuria.

In cucina poi ovviamente si parte coi prodotti della norcineria locale e delle piccole Produzioni casearie del territorio, accompagnati da verdure e conserve della casa. Qui si possono mangiare I Mondeghini con la salsa verde della tradizione meneghina o altro piatti condizionati ovviamente dalla stagionalità. Gnocchi rosa con verdure primaverili e cagliata, Lasagna al ragù bianco con erbe del Parco, Arrosto di coppa con verdure, Cipolla ripiena con insalata e per finire una Sfogliatina con crema pasticcera e coulis di fragole e rabarbaro o una Panna cotta allo yogurt di capra con more dei boschi intorno. Un menu che cambia spesso e che in realtà ripropone molto piatti della tradizione eseguiti direttamente da mamma Mina. I vini poi hanno nomi intriganti e sono davvero prodotti interessanti: San Giobbe, Brigante, e Seriz per restare sui Rossi, Solesta e Brigante per i bianchi fermi e lo spumante dal nome spiritoso Incrediboll.
Un posto da non perdere e dove andare come si faceva un tempo. Stavolta però senza damigiane al seguito e per magiare e bere ad alti livelli nel mezzo di una natura sfavillante.