Nelle diverse vesti in cui si può presentare un evento che si fregia del titolo di “palio”, la Toscana sicuramente è una terra che primeggia (oltre al ben noto Palio di Siena, si possano contare almeno una quindicina di altre manifestazioni maggiori): ma anche la Lombardia è ricca di carriere paliesche e tra di esse, sicuramente non c’è nessuna che possa tenere il confronto con il Palio di Legnano. Celebrata ogni anno durante l’ultima domenica di maggio per commemorare la battaglia combattuta il 29 maggio 1176 tra le truppe della Lega Lombarda e l’esercito imperiale di Federico Barbarossa, ufficialmente questa manifestazione si svolse per la prima volta nel 1935, quando si concretizzarono gli sforzi tesi a unificare in unico grande evento tutte le celebrazioni ad hoc svoltesi per secoli nel milanese e la cui conduzione, con l’inaugurazione all’inizio del Novecento del celebre monumento al Guerriero di Legnano di Butti, si era gradualmente trasferita nella città di Legnano. Le prime edizioni si rilevarono purtroppo figlie del loro tempo: le ingerenze politiche tipiche del periodo fascista resero il Palio di Legnano (ribattezzato già dal 1936 “Sagra del Carroccio” su ordine diretto di Mussolini, per il quale il termine “palio” doveva essere associato solo all’omonima carriera senese) l’ennesima manifestazione di propaganda di regime. Nonostante ciò, tra i cittadini cominciò comunque a diffondersi quello spirito di competizione e di appartenenza che avrebbe poi costituito la vera spina dorsale della manifestazione (con le contrade partecipanti che cominciarono a dotarsi di colori peculiari e di un gonfalone proprio). Dopo lo stop causato dal periodo bellico, la Sagra del Carroccio non venne ripresa che nel maggio del 1952, per iniziativa principale dell’associazione Famiglia Legnanese: l’evento potette finalmente essere sganciato dai significati politici imposti prima della guerra e con la ripresa della propria organizzazione, la durata dei festeggiamenti passò da una a due settimane (per poi evolvere, nel corso degli anni, nel cosiddetto “Maggio Legnanese”) e a prendere lentamente le caratteristiche di condizione attuali (con il culmine nel 2005, quando finalmente la manifestazione potette recuperare il suo antico nome).
Il Palio a Legnano è conteso dalle otto contrade in cui è divisa la parte storica della città lombarda (nelle prime edizioni, a concorrere erano dieci ma le contrade dell’Olmina e della Ponzella, a causa del numero esiguo dei propri partecipanti, vennero soppresse e inglobate dalle altre):
. La Flora, con motto “sia seme la virtù, vittoria il fiore”;
. Legnarello, con motto “soli nel sole”;
. San Bernardino, con motto “il ponte lega la virtù alla gloria”;
. San Domenico, con motto “nel verde la speranza”;
. San Magno, con motto “non sempre vincitori, ma sempre primi”;
. San Martino, con motto “fino alla fine”;
. Sant’Ambrogio, con motto “mi abbiano in odio, purché mi temano”;
. Sant’Erasmo, con motto “amore e fulgore in battaglia sul colle grazie al corvo”.
Ognuna delle otto contrade ha una reggenza formata da un capitano, da un gran priore e da una castellana e i capitani degli otto rioni storici sono poi riuniti nel collegio dei capitani e delle contrade, che ha la funzione di coordinare le attività, le azioni e gli intenti degli stessi.
La manifestazione possiede un preciso cerimoniale che al di fuori degli avvenimenti culminanti (ovvero la sfilata storica e la corsa ippica), cura anche numerosi altri passaggi: il primo per ordine è sicuramente la “traslazione” della copia della Croce di Ariberto d’Intimiano dall’edificio religioso di riferimento della contrada detentrice del Palio alla chiesa principale di Legnano, la basilica di San Magno (dove poi, al terzo venerdì di maggio, prende luogo la veglia della croce a cui partecipano le rappresentanze delle contrade). In seguito, a Palazzo Malinverni, municipio della città, la mattina del giorno del Palio vengono resi gli onori da parte dei gran priori, dei capitani e delle castellane al supremo magistrato e ai rappresentanti dei comuni un tempo coalizzati nella Lega Lombarda che annualmente si presentano a Legnano nel giorno del Palio: a questi segue il giuramento dei rappresentanti delle contrade dinanzi alla Croce, con il quale i protagonisti del Palio promettono, similmente a quanto fatto dai soldati della Lega Lombarda prima della battaglia di Legnano, unità e fedeltà in nome della libertà. Il cerimoniale prosegue con una messa solenne officiata sul Carroccio, nell’occasione sistemato in piazza San Magno: dopo questo rito, vengono liberati dei colombi in ricordo della celebre leggenda secondo cui, durante la battaglia di Legnano, tre colombi si fossero posati sull’antenna del Carroccio causando la sconfitta del Barbarossa (momento questo che solitamente viene ripetuto più volte durante la giornata). Con l’investitura religiosa dei capitani e la benedizione dei cavalli e dei fantini che prenderanno parte alla corsa ippica, terminano gli eventi del mattino, a cui segue, prima della corsa ippica, una sfilata storica per le strade della città, formata da più di 200 cavalli e di 1000 figuranti in costume medievale (i cui abiti, scudi e armi rispecchiano scrupolosamente quelli del XII secolo) e che termina, con il passaggio del Carroccio trainato da sei buoi bianchi e dal transito del suo seguito armato, allo stadio Giovanni Mari.
All’interno dello stadio sono previsti altri momenti fortemente simbolici: dopo il passaggio dei rappresentanti delle forze armate presenti a Legnano, vengono fatti sfilare i gonfaloni civici dei comuni un tempo coalizzati nella Lega Lombarda, i vessilli della città metropolitana di Milano e della Regione Lombardia, gli stendardi delle associazioni legnanesi ed infine il gonfalone civico di Legnano. Resi gli onori agli altri stendardi comunali e alle autorità, entra nello stadio il Carroccio preceduto dai rappresentanti delle contrade, i quali si spostano subito al centro dello stadio per rendere solennemente onore al Carroccio (poco dopo, il supremo magistrato decreta, previo sorteggio, le batterie eliminatorie della corsa ippica). Tutti i protagonisti di questa fase lasciano quindi il campo per poter permettere ai figuranti della Compagnia della Morte di riproporre la carica che fu fatta, secondo la leggenda, dalla compagine militare guidata da Alberto da Giussano durante la celebre battaglia. E in fine, si svolge il momento culminante del Palio: la corsa ippica a pelo. La gara, disputata su terreno sabbioso, consiste prima di due batterie eliminatorie a cui prendono parte quattro contrade ciascuna (in queste batterie eliminatorie, i fantini delle contrade devono compiere 4 giri dell’anello, ognuno dei quali misura circa 240 metri): la finale che assegna il Palio, a cui accedono le prime due classificate di ogni batteria, comprende invece 5 giri dell’anello.
La contrada vincitrice della gara ippica ha diritto di conservare, all’interno della chiesa a cui fa riferimento, la Croce di Ariberto da Intimiano fino all’edizione successiva del Palio: la cerimonia ufficiale che consegna il premio alla contrada vincitrice (la “traslazione della croce”) avviene solennemente la sera del sabato successivo al Palio, quando vengono consegnati anche gli altri simboli della vittoria (la croce pettorale, ovvero un crocefisso d’oro copia del prezioso oggetto posto sul Carroccio durante la battaglia di Legnano; la banda della vittoria, ovvero uno stendardo bianco e rosso che riporta la data della vittoria in numeri romani; il peso d’argento, una preziosa scultura di 1176 grammi il cui peso richiama l’anno della battaglia e che viene consegnata alla contrada vincitrice a titolo definitivo, essendo realizzato ogni anno da un artista diverso).