C’è una Lombardia che amiamo particolarmente: è quella che vive nel cuore di tutti voi. Per questo motivo condividiamo un racconto di Franco Carboni, amico di Terre di Lombardia, che ricorda un giorno speciale.. A proposito…. Voi lo ricordate il significato di parole come Ransa, Curot, Saltarei e Trigol?
Abitavo a Mantova città con tutta la mia famiglia, padre, madre,noi tre figli maschi ed i nonni , genitori di mio padre.
Mio nonno Pietro, oramai in pensione da una decina d’anni , un giorno dietro mia continua insistenza volle accontentarmi , mi chiamò dopo cena e mi disse di andare a letto presto perché l’indomani prima dell’alba ci saremmo alzati per andare a caccia sul lago di mezzo.
Io avevo dodici anni e appassionato come tutti i miei di caccia e di pesca sentendo quelle parole non stavo più nella pelle per la felicità giuntami inaspettata.
Dormii molto poco, ero agitato e verso le cinque del mattino sentii che mio nonno si era alzato e stavo uscendo dal bagno. Di scatto mi precipitai fuori dal letto cercando di non far rumore per non svegliare mi fratello presi i miei abiti preparati la sera da mia madre e raggiunsi mio nonno in cucina.
Facemmo colazione senza parlare per non disturbare e scendemmo piano dalle scale per andare a prendere le biciclette nell’androne di casa ed avviarci verso il lago.
Abitavamo poco distanti e nel giro di cinque minuti raggiungemmo la così detta, allora, casa del pesce , era una casa galleggiante ancorata sulla sponda del lago e di fianco ad essa sostavano ancorate alla riva alcune imbarcazioni , tra le quali c’era la nostra.
Mio nonno la riconobbe subito, aprì il lucchetto che chiudeva la catena , a sua volta fissata ad un robusto palo di cemento , appoggiò il fucile dentro la barca, mi fece salire e dando una spinta alla barca stessa salì anche lui.
Prese il remo e cominciò a remare, le barche da caccia e pesca allora avevano tutto la cosi detta forcola nella quale si infilava il remo e si remava come se fosse una gondola.
L’alba si stava avvicinando e si riusciva a scorgere nel pallido chiarore appena accennato le isole di canne che formavano degli autentici labirinti, uno spettacolo della natura che ora purtroppo non si possono più vedere in quanto li hanno tutti dragati ed eliminati, rovinando un ambiente natura dalla bellezza unica.
Oramai era diventato chiaro e mio nonno mi disse di mettermi al remo e di pian piano entrare tra queste isole di canne , ( curot) in dialetto, percorrendo vari canali che lui mi indicava a braccio ma senza parlare.
Io felicissimo ed ormai esperto nel remare, mi aveva insegnato mio padre quando avevo dieci anni, ubbidivo ai comandi di mio nonno che seduto in punta alla barca teneva stretto il fucile tra le mani.
Fu una mattina stupenda che mi ricordo ancora oggi a sessantatré anni di vita, infatti vidi mio nonno sparare a un’anitra, una folaga e due gallinelle.
Dopo un paio d’ore, ormai soddisfatto della proficua giornata di caccia mi disse di portarlo in un posto nel quale io non ero mai stato, non molto distante da dove eravamo e, scaricando il fucile, lo appoggiò sul fondo della barca. Io non capivo e per la prima volta mi azzardai a parlare chiedendogli dove stavamo andando e perché avesse scaricato il fucile.
Lui non rispose e col braccio destro mi disse di girare in un canale attorno ad un isolotto molto grosso ed ubbidii. Quindi una volta svoltati alzò il braccio e mi disse di fermarmi, ubbidii anche se non capivo. Il nonno si sporse sul lato della barca ed immerse una mano nell’acqua , la sollevò e chiudendo la mano delicatamente mi disse di raggiungerlo e mi fece vedere , appoggiata sul palmo della sua mano una castagna d’acqua dolce ( Trigol ) . ” Guarda Franco quanti ce ne sono, sono buonissimi e noi li raccogliamo e li portiamo a casa , stai attento però che queste castagne hanno tre punte che possono ferirti la mano se li stringi troppo forte.
Così ne raccogliemmo un bel sacchetto e mio nonno mi disse :” ora basta, le altre le lasciamo per altri cacciatori, o pescatori, noi ne abbiamo a sufficienza, ora rema pian piano e torniamo a casa.
Così mi misi di nuovo al remo ed intrapresi la via di casa, che in un lago significa sempre la via più corta per arrivare all’altra sponda.
“Vedi caro Franco , quante risorse ci dà la natura, sai quante volte durante la guerra di notte venivo a cercare le castagne ed a pescare i gamberetti di fiume ( Saltarei ) perché non avevamo di che mangiare ? Ma la natura ci ha sempre salvato ed aiutato, e non lo dico perché per tanti anni ho fatto il contadino, lo dico perché è la verità, noi siamo nati in una Provincia meravigliosa, con una natura stupenda, che ora purtroppo la stiamo maltrattando, nella nostra Provincia tutto è buono, dal pesce di lago, ai frutti di lago, alla terra ricca di vermi e feconda, agli animali che vi alleviamo , dalle pianure alle colline, dai fiumi alla laguna, dalle viti con vini di tutti i tipi, alle canne dei nostri laghi che si usano tutt’ora, dai nostri maiali alle nostre vacche, dai nostri polli ai nostri tacchini, tutti vivono e mangiano e bevono nella nostra terra.
Io amo la terra ed ho amato il mestiere del contadino e dell’allevatore anche se era allora, ai miei tempi, molto più faticoso di ora, non c’erano tutti i macchinari che ci sono di questi tempi.
Io segavo l’erba con la falce ( Ransa) e lo facevo per tutto un campo, cominciando all’alba per finire all’imbrunire.
Io adoro la natura ed infatti ho fatto studiare tuo padre da Veterinario perché desse una mano agli allevatori, ed anche lui come me ha sempre amato la natura e gli animali, nostri amici e nostro sostentamento, nostra vita e nostro benessere, che di fame e con due guerre vissute ne abbiamo patita tanta credimi. Spero che anche tu, quando sarai grande continuerai la tradizione della nostra famiglia , rispetterai ed amerai la natura e diventerai col passare degli anni sempre più orgoglioso di vivere in una Provincia speciale, dove tutto è bello e dove tutto è buono e ti sfido a trovare un posto nella nostra stupenda terra dove non si mangi bene.
Ed anche se noi ora abitiamo in città , lei, la nostra città è speciale, è l’inno alla natura ed alle bellezze dei palazzi antichi , non per niente i “Signoroni” venivano a costruire le loro case ed i loro castelli in questa città, bella fin da allora, sana, provinciale, a misura d’uomo, dove la natura si è sposata con delicatezza e bellezza alle costruzioni che fino ad oggi l’hanno sempre rispettata.”
IN RICORDO di mio nonno Pietro e di una mattinata che non potrò mai più scordare per tutta la mia vita.
Franco Carboni