“L’agricoltura è anche una questione di cultura, è presidio del territorio ed è una sua declinazione in termini di storia e di tradizione. E per la Lombardia, è anche tipicità delle produzioni, che hanno permesso all’agroalimentare lombardo di essere l’unico comparto dell’economia che è riuscito a crescere in questi mesi”.
Lo ha detto ieri sera l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, intervenendo all’incontro che abbiamo organizzato, sul tema “Eccellenze e criticità dell’agricoltura lombarda”.
A Roverbella con Gianni Fava erano presenti anche il presidente di Terre di Lombardia, Cedrik Pasetti, il vice presidente Michela Bettinelli e il segretario Matteo Soccini. A promuovere l’evento che ha visto una grande partecipazione, l’amico Pietro Toso professionista originario di Roverbella.
“L’agricoltura sta vivendo un paradosso – ha spiegato Fava – da un lato è l’unico comparto che sta registrando performance positive, in particolare con la crescita dell’export, che porterà il Made in Italy a fine anno a 35-36 miliardi di ricavi grazie alle vendite in ambiti internazionali. Allo stesso tempo, gli agricoltori stanno vivendo la più grave crisi dal Dopoguerra, che sta colpendo simultaneamente tutti i settori, ad eccezione del vino e, in parte, del riso”.
Regione Lombardia, anche grazie a un Programma di sviluppo rurale che fino al 2020 mette a disposizione 1,157 miliardi di euro, 133 milioni di euro in più rispetto al passato, cerca di sostenere le imprese agricole con misure dedicate alla competitività e alla crescita.
“Tuttavia non è facile, soprattutto perché viviamo una dicotomia nefasta per il sistema agricolo – ha ricordato Fava -. E cioè che secondo la Costituzione le Regioni hanno la competenza in materia agricola, ma il ministero dell’Agricoltura, già abolito nel 1993 con un referendum popolare, impedisce agli enti regionali di confrontarsi direttamente con Bruxelles, creando un corto circuito che di fatto viene pagato dagli agricoltori”.
Ormai, secondo l’assessore Fava
“il Mipaaf è una struttura che non possiamo permetterci sia in termini di costo, pari a circa 1,3 miliardi di euro l’anno, che in termini di inconsistenza politica”.
E lo si è visto, ha specificato Fava
“anche nell’ultimo pacchetto di misure per salvare il comparto lattiero caseario e la suinicoltura, che hanno portato a casa, su 500 milioni stanziati da Bruxelles, la miseria di 28 milioni di euro, poi ridottisi inspiegabilmente a 25 milioni. La Francia, al contrario, ha destinato 1,15 miliardi di euro del bilancio dello stato, per garantire la sopravvivenza del settore. C’è una bella differenza”.