Abbiano scoperto il piacere di scrivere a quattro mani. E’ capitato con Elisa Grazioli raccontando della trattoria di Bigiolla e stavolta cambiando un elemento, ma non la formula, raccontiamo insieme di un luogo che amiamo frequentare e dal forte valore evocativo. L’osteria di Cimbriolo prende il nome dalla omonima località situata nel nulla fra Castellucchio e Redondesco, ma per uno strano scherzo topografico in comune di Marcaria. Padania rurale profonda. Un luogo carico di storia e di fascino.
Si narra che a Cimbriolo, piccola località desolata del mantovano ed oggi lontana dalle più importanti vie di comunicazione, nel lontano 30 luglio dell’anno 101 prima di Cristo si e’ consumata una delle più importanti battaglie dell’epoca romana: la battaglia dei Campi Raudii. Roma, nello scontro che l’ha vista combattere contro i Cimbri ha avuto la meglio ed il fiero popolo germanico in quell’occasione venne sterminato.
L’astuto comandante romano Gaio Mario, pare approfittando di una notte senza luna e di una mattinata nebbiosa, schierò i suoi uomini in una posizione tale da costringere i cimbri a combattere con il sole negli occhi. Caddero in battaglia più di 100.000 guerrieri cimbri e chi rimase, unitamente a donne e bambini, preferì darsi la morte piuttosto che servire i vincitori. Numerosi sono i ritrovamenti archeologici che sembrano dare riscontri alla leggenda.
Questo posto è fantastico anche se, ad onor del vero, non tutti concordano sulla precisa ubicazione del campo di battaglia e alcuni studiosi temerari ipotizzano che i Campi Raudii fossero nel vercellese. Nemmeno l’amico cimbriolino doc, Roberto, ci crede. Tutte le volte che ci si vede “Dalla Dialma” se ne discute e lui, al quale si accendono gli occhi quando si parla di Cimbriolo e dei cimbri che hanno lavorato per i Gonzaga “della Città”, si scalda sempre.
Perché oggi Cimbriolo è una borgata di venti anime e quattro case. Quando si incontra il cartello stradale di ingresso del Paese, senza accorgersene, si è già oltrepassato quello d’uscita. Ma c’è l’Osteria della Dialma. Ora Dialma è diventata leggenda, come e forse più dei Cimbri. L’Osteria veniva aperta nel 1945 da mamma Tilde e papà Giuseppe ed è una delle quattro case della borgata. Oggi è gestita dai figli Chiara e Franco Fagnoni. Il posto resta un fenomeno contemporaneo difficile da spiegare rimanendo un luogo molto frequentato, pur essendo in realtà assolutamente isolato.
La spiegazione sta tutta nella passione di questa famiglia e nel rapporto che qui resta indissolubile col buon cibo e l’ospitalità. Qua si può venire anche semplicemente per una merenda (da queste parti si chiama ancora così, la formula apericena non è ancora arrivata e ci auguriamo non succeda mai). Il locale è bello e molto grande. Una enorme e curata cascina di campagna con ampie sale nel vecchio edificio per il periodo freddo e una grande aia classica lombarda per le calde serate estive. A parla da padrone tanto nella merenda quanto con gli antipasti del locale ovviamente sono i prodotti del maiale. Nel bel mezzo del triangolo d’oro della suinicoltura padana non possono mancare le grandi eccellenze norcine servite con frittate e giardiniera, verdure gratinate e formaggi freschi.
Oppure più prosaicamente il classico sorbir d’agnoli ( una piccola scodella calda di altrettanto piccoli agnolotti in brodo alla quale viene aggiunto il lambrusco scuro tipico della zona) buono con tutte le stagioni e un po’ a tutte le ore del giorno. E poi tortelli di zucca al burro e salvia, tagliatelle (nella versione che ormai è un must con guanciale croccante e pomodorini) bigoli e maccheroni al torchio di pasta fresca fatti in casa da abbinare coi sughi di stagione (può capitare di trovare anche funghi e tartufi nei periodi propizi ). Paste ripiene che cambiano ingredienti con estrema facilità a seconda del periodo. E poi i secondi dove ovviamente spiccano le carni pregiate del territorio ma non solo, la faraona ripiena e il coniglio arrosto, guanciale di manzo brasato e vitello tonnato. Piatti solidi e collaudati che ovviamente si abbinano ad una ampia scelta di vini per una cantina assolutamente non banale dove spiccano molte etichette lombarde.
Per finire ovviamente i dolci della tradizione locale. Su tutti la sbrisolona , il salame dolce e i gelati che normalmente fanno da corollario alle serate che nel frattempo sono diventate notti. Un luogo dove trovarsi in armonia e mangiare e bere bene chiacchierando fino allo sfinimento. Lasciandosi coccolare da Franco che in sala si muove sapientemente e con simpatica naturalezza. E se alla fine temete gli effetti delle macchinette infernali in dotazione alle forze dell’ordine a caccia di etilisti, qua potete anche passare il resto della notte dormendo in una delle nelle stanze della tenuta agricola. Qua si sta bene.
Non siamo sicuri che i romani abbiano sconfitto i cimbri proprio qua ma ci piace continuare a pensare che in ogni caso questo resta un posto speciale a prescindere.
Scritto a quattro mani da Gianni Fava e Cedrik Pasetti