“Il lago ha circa tre miglia di circonferenza: è fatto a forma di cuore e parla all’anima. La mia ne è rimasta commossa.”
Con queste significative parole, l’avventuriero lombardo Giacomo Costantino Beltrami descrisse il momento in cui, al termine di un impervio viaggio lungo i 4000 km del corso del Mississippi, raggiunse il lago Itasca (nella zona del Red Lake, ai confini con il Canada), ritenendolo la sorgente più a nord dell’imponente fiume nordamericano: era il 31 agosto 1823.
Nato nel 1779 a Bergamo (la data esatta della nascita è sconosciuta a causa di un incendio che distrusse i registri battesimali), Beltrami era figlio di un doganiere della Serenissima, il quale cercò di indirizzarlo fin da giovane verso una tranquilla carriera da notabile locale. Intrapresi perciò gli studi legali per volontà paterna, negli ultimi anni della millenaria repubblica veneta aderì però agli ideali rivoluzionari francesi (ormai in diffusione in tutta Europa “grazie” alle armate napoleoniche), cominciando a partecipare attivamente alla vita politico/militare nell’area cisalpina e (in seguito al processo controrivoluzionario seguito al Congresso di Vienna) alle prime insurrezioni carbonare: fu per questo imprigionato più volte, rischiando addirittura in quel delle Marche l’impiccagione per crimini di cospirazione contro lo Stato Pontificio (sfuggendovi in extremis solo grazie al legame con alcuni elementi dell’ambiente massonico del luogo).
Costretto ad espatriare, dopo un anno passato tra Toscana, Francia e Inghilterra decise d’imbarcarsi alla volta del Nuovo Mondo: approdato a Filadelfia nel 1822, dopo qualche tempo conobbe il generale americano Clark, dal quale ricevette il permesso di unirsi ad una spedizione esplorativa lungo il corso del fiume Mississippi. Intrapresa entusiasticamente questa missione, a un certo punto l’avventuriero bergamasco si spinse (praticamente in solitaria) sempre più a nord, arrivando a entrare nei pericolosi territori dei Sioux e dei Chippewa: qui Beltrami riuscì incredibilmente ad avvicinarsi alle popolazioni native, con le quali (grazie soprattutto alla sua indole non violenta e alle sue ottime doti da poliglotta) instaurò un incredibile rapporto d’intesa. In seguito, gli appunti presi in questo periodo gli permisero di pubblicare non solo parecchia documentazione inerente (da cui, si racconta, si sia ispirato James F. Cooper per il suo celebre romanzo “L’ultimo dei Mohicani”) ma addirittura anche la prima bozza di un dizionario inglese/sioux .
Concluso il suo viaggio d‘esplorazione lungo il Mississippi (al ricordo del quale gli furono in seguito intitolati una contea nello stato del Minnesota e i monti da cui nasce lo stesso fiume), Beltrami si recò poi in Messico (dove raccolse molti oggetti Aztechi, classificò piante/animali locali ed osservò il sistema politico dell’area), ad Haiti e a Santo Domingo, per poi infine tornare nel Vecchio Continente e stabilirsi (dopo ancora qualche anno di “vagabondaggio” tra le capitali europee) nella piccola località marchigiana di Filottrano, dove si sarebbe infine spento nel 1855. Durante i suoi viaggi, Beltrami collezionò un gran numero di oggetti (tra cui un tamburo da medicina appartenuto ad uno sciamano indiano che, nel 1988, fu utilizzato come simbolo per le olimpiadi di Calgary): molti di loro sono oggi custoditi nel museo a lui dedicato nell’amata Filottrano e nel museo di storia naturale di Bergamo, dove, in occasione del 150° anniversario della sua morte, gli venne dedicata un’area.