Quando mi chiesero di fare il nome del pilota italiano più forte di tutti i tempi, non ebbi alcun dubbio: Tazio Nuvolari. Il “mantovano volante”: così veniva soprannominato colui che dominò in maniera assoluta il mondo delle corse degli anni ’30.
E proprio oggi, nell’anniversario della sua nascita vorrei percorrere insieme a voi, a gran velocità, le tappe più importanti della sua vita.
Tazio Nuvolari nacque il 16 novembre 1892 a Castel d’Ario, in provincia di Mantova, quarto figlio di Arturo Nuvolari, agricoltore benestante, e di Elisa Zorzi, di origine trentina.
Ragazzo particolarmente vivace e poco incline allo studio, Tazio era attratto dal dinamismo delle discipline sportive: il padre era un ciclista con più di un’affermazione all’attivo; lo zio Giuseppe Nuvolari era addirittura un asso, più volte campione italiano. Proprio verso lo zio, il piccolo Tazio proverà un’ammirazione sconfinata, destinata a suscitare in lui un fortissimo impulso di emulazione.
Imparò a guidare moto e auto molto presto e durante la Prima Guerra Mondiale si occupò di trasportare feriti (con le ambulanze della Croce Rossa), soldati ed Ufficiali (con i camion) tra le prime linee e le retrovie del fronte orientale.
La carriera di pilota di Tazio iniziò nel 1920 e, ad onor del vero, la sua prima esperienza fu su due ruote: ottenne la licenza per correre, disputando la prima gara il 20 giugno a Cremona in sella ad una Della Ferrera, ma si ritirò dopo pochi giri per un guasto meccanico.
Il debutto con le auto, invece, avvenne il 20 marzo 1921 a Verona, in occasione di una prova di regolarità al volante di una Ansaldo Tipo 4 e coincise con una vittoria.
Tuttavia il mondo dell’automobile era ancora troppo oneroso per le sue tasche e dovette convincere innanzitutto nel motociclismo. Conferme che non tardarono ad arrivare: il primo successo sulle due ruote arrivò proprio nel 1922 quando si laureò campione mantovano con una Harley-Davidson; l’anno seguente trionfò a Busto Arsizio con una Norton e salì sul gradino più alto del podio del Giro dell’Emilia e del Circuito del Piave con una Indian.
Nel 1923, all’età di trentun anni, Tazio iniziò a correre con assiduità: fra marzo e novembre disputò ben 28 gare, 24 in moto e 4 in auto. Non era più un gentleman driver, ma un pilota professionista. In moto fu la rivelazione dell’anno.
L’attività motociclistica predominava anche nel 1924: 19 risultati, contro 5 in auto, tuttavia ottimi: c’è la sua prima vittoria assoluta (Circuito Golfo del Tigullio, 13 aprile) e altre quattro di classe. In Liguria corre con una Bianchi Tipo 18 (4 cilindri, due litri di cilindrata, distribuzione bialbero); nelle altre gare, ancora con la Chiribiri Tipo Monza.
Tazio era proprio alla guida di questa vettura quando per la prima volta s’imbatté contro un avversario destinato ad un grande avvenire, anche se non come pilota: il modenese Enzo Ferrari. “Il mio primo incontro con Nuvolari“, scriverà nelle sue memorie, “risale al 1924. Fu davanti alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe, sulla strada ravennate, dove avevano sistemato i box per il secondo Circuito del Savio. Alla partenza, ricordo, non avevo dato troppo credito a quel magrolino, ma durante la corsa mi avvidi che era l’unico concorrente in grado di minacciare la mia marcia. Io ero sull’Alfa 3 litri, lui su una Chiribiri. E in quest’ordine tagliammo il traguardo. La medesima classifica si ripeté poche settimane dopo al Circuito del Polesine...”.
Il giorno 1 settembre 1925, invitato dall’Alfa Romeo, prese parte a una sessione di prove a Monza, alla guida della famosa P2, la monoposto progettata da Vittorio Jano che fin dal suo apparire, nel 1924, dominò la scena internazionale. L’Alfa cercava un pilota con cui sostituire Antonio Ascari che poco più di un mese prima era deceduto in un incidente durante il G.P. di Francia, a Montlhéry. Per nulla intimidito Tazio Nuvolari percorse cinque giri a medie sempre più elevate, rivelandosi più veloce di Campari e Marinoni ed avvicinando il record stabilito da Ascari l’anno prima. Al sesto giro incappò in una rovinosa uscita di pista. “Le gomme erano quasi a zero“, spiegherà Tazio, “e a un certo punto mi si disinnestò la marcia“. Macchina e pilota erano seriamente danneggiati, ma dodici giorni più tardi, ancora dolorante, Tazio tornò a Monza, si fece imbottire di feltro e bendare con una fasciatura rigida, si fece mettere in sella alla fida Bianchi 350 e vinse il G.P. delle Nazioni.
Lo chiamavano “il campionissimo” delle due ruote, ma nel suo cuore battevano cilindri differenti. Imperterrito, ci riprovò nel 1927, anno in cui con una Bianchi Tipo 20 disputò la prima edizione della Mille Miglia arrivando decimo. Acquistò poi una Bugatti 35 e vinse il G.P. Reale di Roma e il Circuito del Garda.
Ma fu nell’inverno tra il 1927 e il 1928 che Tazio decise di puntare con piena determinazione sull’automobile. Fondò a Mantova la Scuderia Nuvolari, comprò quattro Bugatti Grand Prix per rivenderne due, una ad Achille Varzi (suo amico, ma anche già fiero rivale in corsa, sulle due ruote) e una a Cesare Pastore.
L’11 marzo 1928, Tazio vinse il G.P. di Tripoli: è questo il suo primo grande successo internazionale. Vinse anche sul Circuito del Pozzo, a Verona, battendo il grande Pietro Bordino.
Nel 1930, Tazio Nuvolari entrò a far parte della neonata Scuderia Ferrari e le regalò la prima vittoria, nella Trieste-Opicina, con l’Alfa Romeo P2.
Il 1932 fu senza alcun dubbio l’anno migliore nella carriera di Tazio Nuvolari: il 17 aprile vinse il GP di Monte Carlo e poco dopo ricevette da Gabriele D’Annunzio una piccola tartaruga d’oro con la dedica “all’uomo più veloce, l’animale più lento”; a maggio conquistò la seconda e ultima Targa Florio, a giugno salì sul gradino più alto del podio del GP d’Italia, a luglio il GP di Francia, il Circuito di Avellino e la Coppa Ciano mentre ad agosto la Coppa Acerbo.
Il palmarès di Tazio si arricchì ulteriormente nel 1933: conquistò il GP di Tunisia, la Mille Miglia, il circuito di Alessandria, il Nürburgring e Nimes. La vittoria più importante fu però quella riportata alla 24 Ore di Le Mans a giugno insieme al pilota francese Raymond Sommer.
A Nuvolari, Enzo Ferrari attribuì l’invenzione della tecnica della sbandata controllata: egli affrontava le curve con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l’esterno, quindi controsterzava e schiacciava l’acceleratore a tavoletta. In questo modo usciva di curva con la macchina già rivolta verso il rettilineo e in piena accelerazione, a velocità maggiore di chiunque altro. Questa tecnica, che non ha più ragion d’essere nelle auto a ruote scoperte a causa dell’avvento dell’aerodinamica, viene invece ancora oggi usata nei rally.
In quell’anno, tuttavia, il rapporto tra Tazio Nuvolari ed Enzo Ferrari (che si occupava di gestire le Alfa Romeo da corsa con la scuderia che portava il suo nome) si incrinò: per non sentirsi vincolato ad un solo marchio (e per guadagnare di più con i successi scegliendo ogni volta la vettura più adatta) abbandonò il Biscione, acquistò una Maserati e la fece preparare dal suo meccanico personale Decimo Compagnoni: con questo modello tra luglio ed agosto vinse in Belgio e a Nizza e portò a casa la Coppa Ciano. A settembre con la MG surclassò invece tutti all’Ulster Tourist Trophy.
Il 22 aprile 1934 Tazio fu vittima di un pauroso incidente ma dopo poco più di un mese tornò in pista: con il Tridente prevalse a Modena e nella Coppa Principessa di Piemonte.
Dopo aver ricostruito i rapporti con Enzo Ferrari, Tazio Nuvolari tornò all’Alfa Romeo nel 1935 e trionfò in numerose gare (Pau, Bergamo, Biella e Torino). A luglio ottenne la vittoria più bella della sua carriera nel GP di Germania sconfiggendo – al volante di una vettura dotata di soli 265 CV – le più potenti Mercedes (430 CV) e Auto Union (375 CV).
Nel 1936 riportò l’incrinatura di qualche vertebra in un altro brutto incidente a Tripoli, pur continuando a vincere sui circuiti di tutta Europa (Penya Rhin, Ungheria, Milano, Coppa Ciano e Modena); ad ottobre si fece conoscere anche negli USA conquistando la prestigiosa Coppa Vanderbilt.
Successivamente, Tazio Nuvolari venne ingaggiato dall’Auto Union nel 1938 per rimpiazzare Bernd Rosemeyer (scomparso nel gennaio di quell’anno in un incidente) e permise alla Casa tedesca di vincere il GP d’Italia e di Donington.
L’ultimo successo prima dell’interruzione delle gare dovuta allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale arrivò nel 1939 a Belgrado.
L’ultimo exploit dell’allora oltre 50enne Tazio Nuvolari risale alla Mille Miglia del 1948: recatosi a Brescia per salutare i colleghi, ottenne la possibilità di correre con una Ferrari e mantenne la testa della corsa fino a Firenze prima di essere costretto al ritiro a causa di numerosi problemi meccanici.
Tazio chiuderà, ma non annuncerà mai il proprio ritiro.
Passarono poco più di tre anni e quello che Ferdinand Porsche aveva definito “il più grande pilota del passato, del presente e dell’avvenire“, se ne andò, in silenzio, alle sei del mattino del giorno 11 agosto 1953. Pressoché tutta la città di Mantova, tra le 25.000 e le 55.000 persone, partecipò ai funerali che si tennero il 13 agosto; il corteo funebre era lungo alcuni chilometri e la bara di Nuvolari fu messa su un telaio di macchina scortato da Alberto Ascari, Luigi Villoresi e Juan Manuel Fangio. Secondo le sue volontà, fu sepolto nel Cimitero monumentale di Mantova, con gli abiti che indossava sempre scaramanticamente in corsa: il maglione giallo con il suo monogramma, i pantaloni azzurri e il gilet di pelle marrone. Al fianco il suo volante preferito. Sulla tomba una frase: “Correrai ancor più veloce per le vie del cielo”.
In realtà, ancora oggi, chiunque passi per Mantova, respira la sua energia: il suo ricordo è talmente forte da sentirlo scalpitante a bordo di bolidi senza tempo. Tazio, un pilota d’altri tempi, di cui forse lo sport avrebbe bisogno e che rivive all’interno della sua Scuderia Tazio Nuvolari Italia: un sodalizio da poco ricostruito a Mantova per permettere che il sogno continui a correre.